sabato 25 gennaio 2014

Rivoltare il calzino

Scrivo spesso di quale situazione politico/economica viviamo e dei cambiamenti da concretizzare per modificare questo status insopportabile, per concretizzare però occorre l’apporto di, se non tutti, molti…della maggioranza dei Cittadini, di tutti gli onesti e volenterosi.
La maggior parte degli Italiani non si interessa alla politica, se non con le chiacchiere da bar.
E’ passata la convinzione che qualunque governo ci sia, la propria vita non cambierà poi di tanto, in altri casi nauseati dalla politica non si va più a votare oppure si vota per antica convinzione (ma come c…o si fa?) oppure si considera la politica uno sporco affare, per gente col pelo sullo stomaco.

Ecco, chi vuole conservare i propri privilegi ha raggiunto il proprio scopo!!
Gente, la politica decide le tassazioni e le spese comuni, quanti servizi sociali o quanti ospedali, quante scuole, quante strade gli enti di ogni livello devono erogare.
La politica scrive le voci di ogni bilancio, sia esso statale, regionale o provinciale.
Caro amico non solo devi interessarti di politica, possibilmente devi esserne parte attiva, ma non domani o dopo, devi farlo adesso, anzi sei già in ritardo perché in questi tempi dove l’economia cambia velocemente devi reagire rapidamente, difenderti, autogovernarti se vuoi salvaguardare il tuo benessere.
Tu (stante la situazione attuale) non sei un cittadino, sei solo un contribuente che spesso (quasi sempre!!) elegge rappresentanti che non conosci nemmeno, gente che affronta i tuoi problemi, il bene comune, solo attraverso tavole rotonde e grandi sparate sui giornali, poi tu continui ad ammazzarti di lavoro e loro vivono di rendita, senza preoccupazioni.
Tutto continua a scorrere qualche piano più su di quelli che tu frequenti, con modalità “astratte” e tu ti autoproclami suddito anziché Sovrano. E’ ora tu cambi questo tuo status in modo tale di vivere con dignità e fierezza.
Le situazioni di privilegio vanno sanate andando a favorire situazioni di normalità, correttezza e giustizia.

Il potere del popolo è imprescindibile, non deve essere discusso ne’ limitato,
esso prevale su ogni altra decisione precedente se cosi’ il popolo vuole.
Non parliamo di anarchia, ma qualunque legge o disposizione precedente, se
giudicata ingiusta o anti-democratica deve avere uno strumento diretto di abrogazione funzionante, non i “minchilli” di referendum all’italiana, ma i processi di tipo svizzero che possono inchiodare una legge in parlamento per anni.

Non per rivoltare il coltello sulla piaga, ma non vi siete nauseati di vedere sempre le stesse facce nelle cronache politiche?
Gente che gira da anni talmente felice e stupita di poter restare al proprio posto al punto che hanno cominciato a far eleggere figli e mogli qua e là, senza dimenticarsi di mantenere sempre in pista la loro gigantesca base elettorale tramite una generosa e minuziosa spartizione, con manuale Cencelli  alla mano, di ogni posto utile tra le categorie che abbiamo citato in occasioni precedenti.

Non crediate  sia facile ribaltare la situazione, non pensiate  di avere voce in capitolo all’interno di un partito, tutti i posti sono occupatissimi e difesi con ferocia.
Scrivendo di Democrazia dovrebbe passare un concetto: il popolo conferisce i
suo potere a dei rappresentanti eletti, perché lo rappresentino in Parlamento ed approvino le leggi in suo nome e nel suo interesse.

Nonostante che il “corporis dominantis” affermi il contrario il nostro sistema sostanzialmente ha ben poco, se non nulla, a che spartire con la democrazia, non abbiamo  nemmeno (andando ancora ad affondare il coltello di prima) la libertà di
votare per una persona di nostra scelta, i candidati li scelgono i partiti, punto e basta.
Ci presentano programmi elettorali “poco intuitivi”, poi ci propinano scelte che non piacciono alla gente, magari saltano fuori tra le righe nascoste delle discussioni parlamentari leggi e leggine ad hoc.

Credo che mai,  come in questi ultimi anni, sia chiaro che i Governi ci hanno imposto scelte irritanti, impopolari, disoneste o comunque contrarie al bene comune.
Credo sia chiaro ormai  che questa gente lavori contro  il popolo.

Lo ho già affermato, è ora di scendere in campo in politica, non per interesse privato, ma per quello comune.
Lo ho già affermato, non pensate di modificare il sistema dal suo interno, ad andarvi bene ne sareste inghiottiti…no, non seguite quel percorso, create invece liberi movimenti di pensiero, liste civiche e impegnatevi ,come primo necessario passaggio, per le vostre comunità.
MA FATELO PRESTO, SUBITO!!!

Giorgio Bargna

martedì 21 gennaio 2014

Ripartire dal Territorio

Non vi è dubbio che la situazione economico/politica di questo paese attraversi un momento a dir poco drammatico, parecchi cittadini non vanno più a votare (perché fiaccati o incazzati), altri si illudono ancora che possa avvenire un cambiamento con queste carte in tavola…solo una cosa è certa: tutti osservano il paese scivolare verso l’impoverimento
materiale ed il degrado morale.

Il sistema politico ormai è minato; egoismo, corruzione, scoraggiamento (presenti a seconda del ruolo interpretato nel gioco delle parti) non promettono nulla di buono, tutt’altro…questo sistema ormai radicato ci trascina ferocemente verso una rovina morale ed economica consolidata.

Io, molti di noi, però non si vogliono rassegnare, sappiamo che questo paese, a partire dalla Regione Insubrica a scendere fino a Lampedusa, è ricco di risorse quantificabili in capacità umane e tecniche ed in patrimoni archeologici e turistici unici al mondo, sappiamo che da questi dati certi potremmo ripartire rivoluzionando il Sistema, dobbiamo solo convincerci che non è impossibile.

Non occorrono i fucili (bergamaschi o siciliani che siano) abbiamo delle opzioni legate al voto ed al non voto, a voler non più votare questa classe dirigente o a votare i movimenti nuovi e innovativi che solo noi cittadini possiamo far nascere partendo dai territori.

Quanto ci occorre è stato innescato più volte nella storia dell’uomo, ma non sono azioni  convenienti a chi pensa alla politica non come al bene comune ma come all’interesse personale o di classe…scriveva, non proprio ieri, Proudhon:
”...quel fallimento si ripeterà le quante volte il popolo sceglierà dei rappresentanti che domanderanno il progresso al potere invece di domandarlo alla libertà: vale a dire alla organizzazione del Comune libero ed autonomo, della Città, del Circondario... per costituire solo così la Repubblica una e federale.”

La pulizia, l’ordine ed il buon funzionamento delle strutture pubbliche in altri paesi sono situazioni normali, nel nostro, malgrado le prerogative espresse qualche riga fa, siamo costretti a vivere male, in uno Stato corrotto, sprecone ed inefficiente, siamo costretti a sentire, subire, le urla di chi si è impadronito del potere e vive affondando tutti i giorni le mani nelle casse dello stato, rifornite da tasse feroci che ci lasciano lo stretto necessario per vivere; questi “chiassosi urlatori” utilizzano il sistema partitico di livello nazionale fingendo di litigare in televisione ed accordandosi dietro le quinte. Puntano a farci scontrare tra noi per far si che non ci si accorga di quanto succede, è giunta l’ora di capire che le differenze ideologiche si sono ormai  solo tramutate nella giustifica dell’esistenza dei partiti, è giunta l’ora di capire che un cambiamento radicale del nostro sistema politico/economico  è il  passo necessario verso una vita dignitosa da cittadini liberi. Non si può essere liberi temendo per  il futuro lavorativo, temendo per  l’avvenire e la sicurezza della propria famiglia, se non si ha modo di costruire direttamente il proprio destino.

E’ giunta l’ora di cambiare il corso, di spazzare via oltre ai partiti (come intesi da lorsignori) anche l’agglomerato di personaggi a loro legati attraverso varie “sintomatologie”. Gente che ha vissuto e vive nell’ombra di questo sistema, gente che ha finto collaborazioni con le amministrazioni di vario grado, gente che ha invaso ogni sorta di livello amministrativo anche minore, che ha occupato le stanze (alte e basse) delle aziende pubbliche, lobbies di ogni genere e grado, falsi invalidi, dipendenti pubblici che non hanno mai avuto lavoro, associazioni di ogni sorta sovvenzionate a maniche larghe; questo sistema ha ingrassato parecchie persone creandosi di fatto una base elettorale certa che lo ripara da certi possibili ribaltoni, ma il sistema oggi implode e questa base (volente o nolente) vacilla…a breve non saranno più in grado di condurre una esistenza confortevole, al sicuro da qualunque crisi economica e giudizio di efficienza e quindi non saranno più tanto una solida base, con una buona spallata potremo toglierceli di dosso.

Perché mi ostino a parlare di Federalismo Municipale e di Democrazia Diretta e Partecipata?

Semplice: solo il Territorio può dare risposte, solo le Comunità Locali sono in grado di gestire onestamente e sotto il controllo e la partecipazione di tutti la politica e l’economia, di riportare tutto a ad un livello umano e non multinazionale, solo sentirsi partecipe avvicina il cittadino all’idea di “bene comune” ed al senso civico.

 Torneremo presto ad approfondire, pur rischiando di essere monotoni ci sono alcuni messaggi che dovono assolutamente passare se vogliamo avere un futuro.


Giorgio Bargna

domenica 19 gennaio 2014

Quattro punti per un partito

Verso la fine dell’estate 2007, nel comasco, alcuni esponenti di “Lavori in Corso” ed altri cittadini non schierati politicamente in altri gruppi cercavano di far nascere un movimento politico provinciale che si basasse su tre fondamenti principali: Autonomia, Responsabilità, Partecipazione.
Il progetto non decollò mai definitivamente, per varie vicissitudini, anche dopo un secondo tentativo messo in essere circa tre anni dopo. Ci demmo ai tempi il compito di disegnare un percorso politico, io produssi questo documento, che ancora oggi amo moltissimo.
Grazie a chi avrà il coraggio di leggersi il tutto.


PREMESSA:chiameremo,in forma del tutto momentanea,il soggetto in questione:partito INIZIATIVA POPOLARE.
Stara' all'Organo Costituente stabilirne il nome, la forma, l'indirizzo politico; questa e' solo l'esposizione di alcuni miei concetti in merito.

Consentitemi alcune citazioni

“Si parla sempre di diritti dello Stato come fossero sovrani e superiori a qualunque altro diritto,mentre la verità è che prima viene l’uomo e poi lo Stato”. 
Alcide De Gasperi 

“La vera scienza della società deve fondare quella sola unità che è compatibile con la conservazione delle distinzioni”. 
Carlo Cattaneo


"E' mia impressione che il sistema cerchi di congelare anche l’aspirazione federalista, perché il federalismo è uguale all’autonomia e l’autonomia è uguale alla cultura locale e la cultura locale produce indisponibilità all’omologazione dei popoli."  
Umberto Bossi


Prefazione

Il “Partito Lavori in Corso”
Con i cambiamenti avvenuti nelle ultime stagioni, gloriose organizzazioni partitiche tradizionali sono fisiologicamente sparite, perché la loro funzione storica era terminata.
 Purtroppo, un sistema partitico adeguato ai nuovi obiettivi stenta a decollare. Per dare risposte politiche adeguate in un'economia "online", le strutture partitiche devono essere ultraefficienti, perché questa efficienza devono trasmetterla anche alle istituzioni. La burocrazia pubblica deve essere al servizio di cittadini ed imprese per aiutare a vivere e produrre meglio.
Oggi servono partiti ed istituzioni che rispondano agli elettori sul piano della produttività politica.
I vecchi partiti aggregavano su basi valoriali comuni. Un partito moderno deve aggregare, esclusivamente, sui programmi. Insomma, lo strumento partito serve per creare precisi programmi politici, farli approvare dagli aderenti, realizzarli se vince l'elezioni.
L'aggregazione sui valori deve avvenire non più in ambito partitico ma nella società civile attraverso naturali processi d'aggregazione in associazioni, sindacati, gruppi religiosi e ideologici, imprese. Saranno gli aderenti a queste diverse forme d'aggregazione che modelleranno i programmi partitici attraverso il loro voto diretto. Partiti che non seguissero le indicazioni dei loro sostenitori sparirebbero rapidamente oppure non governerebbero mai. Per avere sistemi istituzionali efficienti è necessario entrare in questo ordine d'idee.
Oggi, chi vuol dar voce a determinati valori crei subito uno specifico partito,una specifica lista civica,un progetto politico insomma,poi domani sarà sufficiente aggregarsi, concorrere alla costruzione dei programmi politici ed esprimere propri candidati alle competizioni elettorali.
Bisogna sempre ricordare che i cittadini partecipano alla politica solo se verificano di poter migliorare la società sentendosi coinvolti nelle scelte.
LINCO fonda le sue radici sulla dignità della persona umana, sui principi di sussidiarietà, solidarietà, laicità della politica,pluralismo democratico. Pensiamo che ogni azione politica debba portare sempre concreti, nuovi, positivi miglioramenti nella vita dei cittadini. Un approccio politico diverso non è accettabile, ne socialmente, ne moralmente.
Nostro obiettivo principale è sviluppare ed elaborare idee nuove da proporre alla politica. Servono idee sempre nuove per migliorare concretamente la qualità della vita d'un quartiere, d'una provincia, d'un popolo. Le nuove idee servono perché le risorse economiche sono ogni giorno sempre piu' limitate. Ci vogliono idee innovative perché, se esistono ancora problemi sociali, significa che le  strategie attuate ad oggi non sono state sufficientemente efficaci nel risolverli.
Rifiutiamo aprioristiche ed inutili contrapposizioni partitiche. Per aiutare le persone a risolvere i problemi bisogna andare sul concreto. Noi seguiamo la disciplina delle idee non quella del partito. Un'idea è buona in se stessa, se la sua realizzazione migliora la vita della gente. Ad un'idea si puo' solo controbattere con un'altra idea,migliore.
Giorgio Bargna (testo personale)

Il progetto

INIZIATIVA POPOLARE  nasce nei primi anni del nuovo secolo ed è proiettata verso il futuro. La sua sfida è quella di dare vita a una nuova organizzazione della politica in Italia, a una nuova visione culturale e civile della democrazia e della libertà, a programmi e obiettivi capaci di aggregare vasti settori della società italiana dopo una lunga crisi della partecipazione politica.
L’aspirazione da parte dei cittadini,oggi, e' di partecipare allo sviluppo e all'evoluzione delle loro democrazie. Una partecipazione che  non può risolversi nel momento elettorale.
Le formazioni partitiche hanno rappresentato, soprattutto alla ripresa della vita democratica dopo l'esperienza fascista, un tentativo di far fronte a questa esigenza,ma le loro buone intenzioni si sono progressivamente logorate e proprio sul versante della partecipazione si e' avuto un tonfo clamoroso, anche e soprattutto a causa di forti spinte burocratiche ed oligarchiche.
INIZIATIVA POPOLARE  vuole rappresentare una nuova un'opportunità  in grado di  offrirsi  come luogo di partecipazione, di proposta,  di elaborazione, di confronto democratico, un po’ movimento e un po' partito organizzato. Un partito aperto che raccolga gli elementi del suo programma dalle esigenze che emergono dal vivo della lotta politica e sociale proponendosi come interlocutore attento e sensibile della domanda di rappresentanza, impegnato a ridare un'anima alla politica. Un partito basato sulla ricchezza e l'autenticità della dimensione locale, ma in grado di proporre una sintesi nazionale.
Le crisi degli attori e dell'assetto politico tradizionale devono spingerci ad un'iniziativa forte,prorompente,nella quale il valore di idee, principi e culture che fanno della libertà e della democrazia la propria insegna,diventino sinergia da cui nasca un nuovo sistema politico-istituzionale.Ispirandosi ai principi ed ai valori richiamati nella Carta dei diritti fondamentali dell’ Unione Europea ( dignità umana, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia),INIZIATIVA POPOLARE  aspira a raccogliere e a concretizzare al meglio le tradizioni e le sensibilità democratiche e riformatrici che hanno esaltato e appagato la storia politica europea. Il popolarismo con la centralità che esso conferisce ai valori della persona, della famiglia e delle comunità originarie; la concezione liberal-democratica, che scommette sull'autonomia e sul protagonismo del soggetto; nonché la sensibilità sociale e democratica, che si fa carico dell'effettività e dell'universalità dei diritti di cittadinanza,saranno le radici da cui fiorira' il nostro progetto.

 
I  VALORE AGGIUNTO DI INIZIATIVA POPOLARE:
La centralita' del Cittadino nella Gestione della Cosa Pubblica e nella Politica

La concezione della democrazia si basa,a nostro vedere,sulla semplificazione del rapporto tra Cittadino e Amministrazione attraverso il superamento di quelle azioni di bizantinismo burocratico che hanno manomesso la vita produttiva e l’iniziativa sociale, e la stessa efficacia dell’azione di governo. La base dialettica di una Democrazia moderna deve essere sorretta da uno scambio reciproco di decisioni e progettualita' tra istituzioni,forme politiche snelle,singoli cittadini e società civile, organizzatisi in comunità e associazioni che possano acquistare,pretendere,ricevere sempre maggiori responsabilità nella gestione della cosa pubblica. Ad ora il nostro sistema ha seguito un solo,inconcludente e degenerante,percorso:quello che seguiva la linea retta di mediazione partiti-Stato-sindacati.Oggi il bisogno di rinnovamento e la necessita' di risorgere richiedono anche altre configurazioni: il percorso individui-comunità-Istituzioni.
Secondo INIZIATIVA POPOLARE due ,almeno,devono essere i principi cardine:il consenso (il quale distingua che il vero sovrano della cosa pubblica è il popolo) e la responsabilità (che renda  trasparenti i programmi proposti al Paese da ciascun soggetto politico, impedendo che un sistema nebuloso,oligarchico e consociativo confonda meriti e demeriti);questi principi saranno la base per il controllo di ogni potere.
Secondo INIZIATIVA POPOLARE i diritti dell’uomo sono antecedenti e superiori rispetto a quelli dello Stato. Facciamo nostre le parole di Alcide De Gasperi:“Si parla sempre di diritti dello Stato come fossero sovrani e superiori a qualunque altro diritto mentre la verità è che prima viene l’uomo e poi lo Stato”. 
INIZIATIVA POPOLARE non dovra' essere un partito basato sulle parole sterili, ma il partito della gente e non il partito-apparato,nascere strumento di riforma politica, raccogliere il movimento alla protesta contro la partitocrazia e costruire un nuovo simbolo di trasparenza tra elettore ed eletto,imporre il fare sbugiardando il teatrino oligarchico. Dovrà essere pronto ad aprirsi verso le correnti della realtà sociale,rappresentando cosi' la società civile. Necessaria sara' la sua lontananza da concezioni populiste che immaginano giustizie sorrette da un uso demagogico della piazza. Dovra' difendere sempre l’autonomia e la pluralità della società civile contro ogni "moralita' presunta" di qualsiasi soggetto,istituzionale,politico,mediatico. Politica quale principio valorizzante il cittadino, e politica come indispensabile manifestazione della vita umana dovranno essere per INIZIATIVA POPOLARE valori imprescindibili.

L' UOMO,OVVERO,IL LEGISLATORE
Necessaria e' certo la forma di rispetto che le istituzioni devono al cittadino (contribuente ed elettore) ma,altrettanto necessariamente,deve registrarsi da parte del cittadino il riconoscimento del dovere civico (attore comprimario),affiancato al diritto "naturale" che ad esso spetta. Stara' a noi,che intendiamo la politica come onore e non come onere,trovare le soluzioni istituzionali che avvicinino il cittadino alla cosa pubblica,non pensando di assolvere un obbligo ma sentendosi partecipe ad essa. Le assemblee di quartiere,i comitati di proposte,le lettere con le quali le istituzioni richiedono parere ed altri simili sono solo una parte di cio' che puo' rendere partecipe il "Principe Cittadino";la possibilita' di visibilita' maggiore a piccole liste locali e mandati piu' brevi,associati a rieleggibilita' limitate (oppure ad alternanza di legislazione),possono avvicinare il cittadino alla vita politica, non solo a quella civica (la civica sarebbe gia' un grosso risultato comunque).Una presenza in massa di cittadini non "politicamente professionisti" alle decisioni,oltre a far maturare la coscienza e l'intelletto di un popolo,non puo' che legare le mani a chi della politica ne fa un lavoro ed un affare economico. La piramide che sale dal cittadino alla piccola comunita',da questa ad un distretto un po' meno locale,dal distretto alla nazione e' la giusta direttrice che porta alla maturita' ed all'impegno,ma il "sistema" va smantellato fino all'ultima "carcassa oligarchica" perche' la non attuazione,ancora una volta,della volonta' popolare (da parte di chi l'ha promessa) significherebbe la vittoria finale dell' "homo politicus".Il cittadino comune deve governare,con il proprio giudizio,l'andamento della nazione; la sua partecipazione civica alle scelte federali e nazionali creera' di lui un uomo pronto alla vita legislativa,con risultato finale il debellamento della gerarchia politica. Rasentero' certo l'utopia,ed il sogno ad occhi aperti,ma spero presto di poter dire (con avvallo legislativo) su una legge finanziaria o un futuro intervento militare,prima da cittadino poi,magari,da "Homo Legislativens" (scusate le possibili inesattezze in latino).                                             
Giorgio Bargna (testo personale)


II VALORE AGGIUNTO DI INIZIATIVA POPOLARE:
Proposizione e Significato delle Autonomie Locali

A suo tempo,alla redazione della Costituzione Italiana,partecipò anche un folto gruppo di Autonomisti e Federalisti i quali fecero introdurre in Costituzione alcuni Principi Autonomisti, purtroppo inapplicati se non in minima parte e solo in talune aree geografiche di confine.
Nell'articolo 5 della Prima Parte della Costituzione, dove si indicano i Principi Fondamentali della Repubblica che "riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento".
Questo Valore è stato totalmente disatteso,sebbene gli autonomisti che fecero introdurre questo testo resistettero strenuamente al fascismo e parteciparono attivamente alla lotta partigiana,forse gia' allora qualcuno capi' che tali principi avrebbero reso difficile la nascita di un sistema partitico-economico (oligarchia).
INIZIATIVA POPOLARE non inventa niente di nuovo: ci poniamo nel solco delle idee federaliste di Cattaneo una riforma in senso Federale dà fastidio alla Partitocrazia perchè tende al rafforzamento delle Autonomie Locali, quali unici baluardi a difesa della Democrazia e della Libertà contro l'ingiusto stra-potere dei Partiti Oligarchici.
Un'alluvione di tavanate che è uscita dalla fantasia e dal vigoroso istinto di sopravvivenza dei nostri politicanti: Federalismo trasversale, obliquo, solidale... Gianfranco Miglio,ad esempio, aveva dedicato uno studio proprio ai “Federalismi falsi e degenerati” ,in questo studio il professore portava il Federalismo svizzero come solo vero esempio “vivente” di Federalismo compiuto e operante.
La vera differenza fra Federalismo e libertà veri e l’accozzaglia di cialtronate che da noi viene contrabbandata come democrazia parlamentare sta proprio qui: nell’esercizio diretto del diritto di organizzare e gestire la propria vita comunitaria. C’è un abisso fra la grande civiltà delle assemblee popolari di cittadini che si radunano magari in piazza e attorno ai più rassicuranti simboli identitari, dove ognuno decide direttamente secondo coscienza dei problemi che lo toccano, che riguardano le sue libertà, la sua cultura e i suoi beni e le riunioni di parlamentari riccamente retribuiti e scelti da non più di una quindicina di segretari di partiti. Ci passa un oceano fra i referendum propositivi e abrogativi delle comunità svizzere e quelli un po’ farseschi fatti di quorum, digiuni, rimborsi elettorali e di ministeri soppressi che cambiano nome e restano lì, alla faccia dei cittadini.Il Federalismo svizzero nasce da un’antica e radicata tradizione di libertà e di autonomia che è comune a larga parte d’Europa,e' da lì che dobbiamo trarre ispirazione e forza, è lì che dobbiamo guardare nei momenti più bui dell’oppressione centralista e degli inganni del falso Federalismo. Non aspettiamo che la piccola Svizzera venga risucchiata dall'illiberalita' che le ristagna attorno, ma lavorariamo affinche' l'Italia diventi una grande Svizzera.

PERCHE' AUTONOMI?
Per l'autogoverno del territorio locale superando lo Stato centralizzato con un moderno Stato federale che sappia rispettare tutti i popoli che lo costituiscono, indipendentemente dalla loro consistenza numerica.
Per la precedenza nell'assegnazione di lavoro,abitazioni, assistenza, contributi finanziar agli abitanti locali.
Perche' i frutti del lavoro e le tasse locali siano controllati e gestiti sul luogo.
Per un sistema pensionistico locale che garantisca l'intoccabilita' della pensione dei lavoratori.
Perche' l'amministrazione pubblica e la scuola tornino ad essere gestite localmente e non snaturalizzate (esattamente come succede in Svizzera).
Per la salvaguardia della cultura, storia, della lingua, dei valori locali.
Per la costruzione di un'Europa fondata sull'autonomia,il federalismo, il rispetto e la solidarieta' diretta fra tutti i popoli del continente.
                       

          

III VALORE AGGIUNTO DI INIZIATIVA POPOLARE:
Democrazia Diretta

PARTECIPARE.....DECIDERE!
L'impegno assunto dal nostro modesto pensiero di battersi per la realizzazione di un potere veramente democratico, del potere di tutti, ci ha fatto  sostenitori della democrazia diretta, di quel tipo di potere, per cui ogni cittadino partecipa direttamente alla discussione e alla decisione di tutti i problemi dello Stato. Qualcuno ci potrebbe ribattere: " Sono un po' perplesso sulla vecchia idea del " potere a tutti ". La democrazia diretta è sempre stata una illusione, a maggior ragione in una civiltà altamente tecnicizzata come la nostra, in cui la produzione è l'effetto di una organizzazione mastodontica, difficile da dominare, che riesce a funzionare soltanto se affidata a pochi esperti. Si immagini una fabbrica di 100.000 operai dove tutti siano chiamati a discutere i metodi, i tempi, il processo di produzione. Dopo dieci giorni sarebbe chiusa ".Che la democrazia diretta in Italia sia stata finora un'illusione siamo anche noi d'accordo, anche se non ci sentiamo di affermare che lo rimarrà per sempre. Non possiamo accettare che, con questo pretesto e con il pretesto delle esigenze tecniche nella civiltà industriale, si rifiuti un discorso serio sulle esigenze reali e diffuse di una nuova strutturazione del potere, sul passaggio cioè del potere dalle mani dei pochi, che oggi lo detengono, alle mani dei molti che oggi ne sono privi. Ci rendiamo conto anche noi di vivere in una civiltà altamente tecnicizzata, anzi crediamo e speriamo che lo diventi sempre di piú, quello che noi sosteniamo è la necessità che anche le conquiste politiche e sociali progrediscano come quelle tecniche ed economiche, che venga superato nell'interesse dell'umanità il contrasto oggi esistente tra una civiltà che permette un maggior benessere, una migliore vita per tutti e le forme di governo di questa società che sono ancora le stesse di prima, quelle esistenti da molto prima del moderno progresso,arroccate e fossilizzate su vecchie forme di democrazia (e questo viene asserito nel voler pensar bene,non avanzando congetture).Noi ci siamo resi conto che ormai il comune mortale,spinto da una cultura oggi elevata e dalla ricerca di una maggiore egualianza economica e politica, si pone il problema di una maggiore partecipazione alla direzione della vita pubblica. Questo pericolo è stato per molteplici anni allontanato dalle classi dirigenti, sia capitalistiche che burocratico-staliniste, con colossali sopraffazioni e mistificazioni ideologiche, culturali e sociali, diffuse nelle masse con la strapotenza dei mezzi tecnici mass-mediali. Quando, malgrado tutto, il problema del potere si ripropone, le soluzioni in un paese come il nostro non possono essere che due:  

Prima soluzione : Il gruppetto dei pochi esperti, che dirigono la fabbrica precedentemente immaginata, si mettono d'accordo con i proprietari e si impadroniscono anche del potere formalmente politico, creando una dittatura o una repubblica presidenziale, come si ama dire, in cui la democrazia è ridotta alla funzione di vernice. Questa e' la soluzione che per anni ha permesso a lobby economiche e gruppi di potere in genere di imporre le proprie “necessità'” ai governi.                                                                                                              

Seconda soluzione: I 100.000 operai e impiegati della fabbrica immaginata conquistano effettivamente il diritto di discutere i metodi, i tempi, il processo di produzione. Per esercitare questo diritto creano e fanno vivere in tutti i reparti della fabbrica i loro comitati liberamente eletti, fino al consiglio di gestione, che insieme agli esperti dirige la fabbrica. Questa in poche parole e' la Democrazia Partecipata (Partecipativa,Diretta o come altro si voglia definire) della quale andremo ad illustrare le possibili forme in altri scritti.       Occorre a questo punto chiarire due equivoci, sui quali poggiano le riserve di molti:E' un equivoco credere che gli esperti della grande industria non abbiano possibilità di scelta tra un piano di produzione e un altro. In realtà essi preparano il piano che piú si avvicina agli interessi dei proprietari, dei cosiddetti "consigli di amministrazione". Non vediamo perché gli stessi esperti non debbano o non sappiano fare un piano che più si avvicini agli interessi dei lavoratori. Evitiamo che il nostro “Democratico Rappresentante” eviti di portare a fine gli interessi del “comune elettore” a favore dei “grandi interessi”.                                                                                                

Un altro equivoco è rappresentato dalla opinione che il controllo dei lavoratori debba o possa interferire con le scelte tecniche della produzione. Per assurdo, nel caso di una fabbrica di mobili, si teme che tutti i lavoratori debbano dire la loro nella scelta di un nuovo tipo di legname o stoffa che verranno utilizzati per creare una sedia. Ciò è impossibile e inutile. Il controllo dal basso non può servire a trasformare gli operai in ingegneri, ma deve servire a salvaguardare ad ogni operaio nel luogo del suo lavoro i diritti e i doveri di uomo libero e di cittadino.                                                                                                                                                                                                       
Nella odierna società, i monopoli hanno la possibilita' di far pagare ai consumatori, cioè a tutti, gli aumenti sui salari e sugli stipendi. Per questo il controllo dal basso deve restituire ai cittadini,i dipendenti dell'esempio, il potere di discutere non soltanto i salari, ma anche i programmi di produzione, gli investimenti, i prezzi, permettendo loro di attuare un controllo democratico anche sulle influenze economiche e politiche della loro industria sulla vita nazionale.                                                                               

A chi ci parlasse di inconcludenti riunioni in cui uno dice bianco e uno dice nero, per cui in capo a dieci giorni la fabbrica  (la nazione) si fermerebbe, risponderemo: 1. che tutti noi abbiamo esperienze di riunioni popolari costruttive e intelligenti; 2. che nell'àmbito dei loro reparti(per il cittadino esperienza donata dalla vita di ogni giorno), gli operai e i tecnici della fabbrica sono altrettanto esperti del gruppetto che fa il piano di produzione; 3. che i lavoratori (i cittadini elettori), così organizzati, conquistano anche la forza politica necessaria a convincere il gruppetto dei pochi esperti, che dirigono la fabbrica, a lavorare per i consigli di gestione dei lavoratori invece che per i consigli di amministrazione dei proprietari.
Molti ancora non credono al nostro ideale,ma il sentore che tanti altri lo siano e' sempre piu'udibile anche alle orecchie di chi finge di non sentire!
Giorgio Bargna (testo personale)


ESEMPIO SVIZZERO
In Svizzera, oltre al parlamento (democrazia indiretta), anche i cittadini possono proporre modifiche costituzionali e nuove leggi. Per questo il sistema politico svizzero è ritenuto una democrazia semidiretta. I due principali strumenti di democrazia diretta sono l'iniziativa popolare e il referendum. Entrambi sono presenti a livello federale, cantonale e comunale. L'iniziativa popolare mira ad una revisione parziale o totale della costituzione. Il referendum rappresenta una specie di «freno»: a livello federale, le leggi approvate dal parlamento possono essere sottoposte al giudizio popolare. Un'altra espressione della democrazia diretta in Svizzera sono le assemblee comunali, che in buona parte dei comuni fungono da legislativo. Vediamo come si sviluppa il meccanismo semidiretto svizzero:
Accanto al parlamento, grazie agli strumenti della democrazia diretta anche la popolazione può attivamente contribuire a modificare la Costituzione o le leggi. Ogni anno, i cittadini svizzeri ricevono diverse buste da parte della Confederazione, dei cantoni e dai comuni. In questo modo vengono invitati ad esprimersi sulle questioni politiche più disparate.A differenza di ciò che accade nelle maggior parte delle democrazie rappresentative, il popolo non viene chiamato alle urne soltanto a ritmo biennale o quadriennale, bensì molto più regolarmente. I cittadini svizzeri possono esprimersi in qualità di ultima istanza politica anche su temi specifici e settoriali. In generale, ciò avviene attraverso delle schede di voto compilate segretamente ed immesse nelle classiche urne. In alcuni cantoni e comuni, le votazioni si svolgono invece pubblicamente durante delle assemblee popolari. Pure gli oggetti delle votazioni possono essere decisi dagli stessi cittadini.
Tramite le loro firme, 100'000 cittadini possono richiedere la modifica di singoli articoli costituzionali o addirittura la revisione dell'intera carta fondamentale dello Stato. Prima dell'entrata in vigore di qualsiasi mutazione, ogni iniziativa popolare deve comunque passare attraverso un processo a più livelli. Dopo la verifica della validità delle firme e della richiesta, sia il Consiglio federale che le due camere del parlamento sono chiamate a dibattere sul testo. Il legislativo propone poi ai cittadini di accettare o rifiutare l'iniziativa. In alcuni casi, il parlamento può elaborare un controprogetto che, pure sottomesso al voto popolare, rappresenta un'alternativa alle proposte originali dell'iniziativa.
 Quale secondo strumento di democrazia diretta, i cittadini dispongono del diritto di referendum, che permette loro di prender parte attivamente ai processi legislativi. La Costituzione federale garantisce al popolo svizzero il diritto di esprimersi a posteriori sulle decisioni del parlamento. In alcuni casi (referendum obbligatorio), le risoluzioni delle camere devono essere poste automaticamente in votazione. In altre occasioni (referendum facoltativo), con la loro firma 50'000 cittadini possono richiedere che una decisione già avallata dal parlamento venga sottoposta al popolo. Il diritto di referendum viene considerato una caratteristica del sistema di diritto pubblico svizzero. L'esistenza di questo strumento di democrazia diretta implica la costante minaccia di bocciatura popolare di una decisione parlamentare. Quale conseguenza, in occasione dei dibattiti in parlamento, le opinioni dei vari gruppi d'interesse capaci di condurre in porto un referendum devono sempre essere sufficientemente considerate. Il sistema politico svizzero viene così definito una democrazia referendaria.

PICCOLO ESEMPIO NAZIONALE
A dimostrazione che anche in Italia,nei limiti imposti dalla legge,qualcosa si muove,allego parte di quello che era il mio personale progetto partecipativo in caso di vittoria di Lavori in Corso alle recenti elezioni amministrative canturine. Esso non trova certamente il suo valore nel fatto che esprima le mie proposte,ma nel concreto riscontro di essere basato sulle esperienze pluriennali di alcuni comuni italiani quali: Ivrea,Pieve Emanuele,Grottamare.Esso e' la dimostrazione che il popolo puo',se vuole,essere partecipe alle decisioni istituzionali.

Affrontiamo la riflessione e la costruzione di un modello di partecipazione che possa
dare permanenza al ruolo della democrazia diretta nella vita politica ed amministrativa locale.
La scelta è quella di perseguire la partecipazione come elemento fondante di una ricerca di rifondazione della democrazia reale.
Potremmo a questo pro evidenziare quattro  nodi profondi della questione, espressi nella forma dell'esigenza di quattro superamenti, quattro “oltre”: “oltre la deliberazione democratica”; “oltre la tolleranza”; “oltre la sostenibilità”, “oltre l'efficienza”.
Soprattutto, io trasformerei questi “oltre” in un'assoluta necessità di critica evolutiva: dove il termine “critica” vuole indicare un'indagine sistematica, ed il termine “evolutiva” rinvia all'esigenza di andare alla ricerca continua dello sviluppo e del costante miglioramento.
Schematicamente, la critica della deliberazione democratica ci conduce al concetto di democrazia come processo che deve costantemente, permanentemente rinnovarsi e crescere, che non può essere una formula algebrica  riducendosi ad un insieme di meccanismi di deliberazione o partecipazione, non sarebbe più (in formula piena) democrazia.
 Il concetto di sostenibilità dovrebbe essere ricondotto al suo fondamentodi responsabilità: responsabilità nei confronti delle generazioni presenti e future. “Farsi carico” in senso radicale della responsabilità che deriva dalle proprie decisioni.
Si tratta di un concetto di sostenibilità che non si lascia addomesticare in una visione dolcificata di un generico “sviluppo sostenibile” o della sostenibilità che troviamo citata a decorare norme,progetti, iniziative di tutt'altro segno. Un concetto di sostenibilità che non permette di rimuovere la dimensione del conflitto.
La funzionalità acquisita nel tempo dalle amministrazioni, che, seppure non può essere accantonata nei processi decisionali che coinvolgono le stesse amministrazioni pubbliche, deve essere subordinato alla dimensione dell'efficacia.L’efficacia ha a che fare con i fini e non con i risultati: in questo senso la necessità di“efficacia” dei processi partecipativi è elemento determinante
.Il cammino che si intraprende per questa via è un cammino pericoloso, che ci espone costantemente al rischio di un uso distorto della partecipazione, anche al di là delle buone intenzioni che magari animano chi la promuove.
La partecipazione può ridursi facilmente a strumento di ricerca di consenso e di riduzione o rimozione del conflitto, in totale contraddizione con i fini di questa ricerca di democrazia reale; una ricerca costante che richiede di costruire la partecipazione come trasformazione, sia dei partecipanti che delle istituzioni e dei tecnici.
In questa dimensione, la pratica della partecipazione non può mai lasciarci soddisfatti, non permette di celebrarne con leggerezza i successi, pena il rischio di farne un “monumento”, quasi un atto autodiscolpa quotidiano che non richiede il minimo sacrificio”. Solo una costante tensione alla crescita ed il rinnovamento dei processi ci allontanano dal rischio di fossilizzazione del progetto partecipativo.
Nel mio girovagare attraverso le esperienze partecipative di vari comuni italiani mi accorgo che le pratiche partecipative non sempre riescono ad essere abbastanza inclusive (nei confronti della maggioranza degli abitanti e, in particolare, dei soggetti piu’ deboli) e solitamente riescono solo marginalmente a scalfire la nostra responsabilità collettiva nei confronti del modello di sviluppo,pensare che solo questa costante trazione fa dei processi partecipativi un fattore positivo di trasformazione.
Un altro rischio, complementare, deriva dall'”istituzionalizzazione” e dalla “strutturazione” dei processi di partecipazione e dall'introduzione in questi processi di meccanismi di deliberazione: il rischio di una malintesa e distorta rappresentanza. Non possiamo aggirare la constatazione che a tutti questi processi partecipa una minoranza dei soggetti che avrebbero titolo di esprimersi e che
questa minoranza è in qualche modo selezionata anche dalle caratteristiche dei processi che proponiamo, venendo a costituire, nei fatti, una élite. L'introduzione di meccanismi di conteggio di maggioranze, di deliberazione, credo debba essere sempre affrontata con estrema cautela, privilegiando processi che mantengano nella misura più ampia possibile la ricchezza degli esiti.
In conclusione, credo che la misura della qualità della partecipazione ruoti attorno a due chiavi fondamentali: l'efficacia e la permanenza.
L'efficacia ci costringe a recuperare una misurabilità del rapporto tra il nostro impegno ed i fini, che non si sovrappongono con gli obiettivi proposti ad ogni singolo processo: è fondamentale che la partecipazione, non solo sia efficace, ma sia anche correttamente percepita come efficace.
 I fini non possono che essere quelli di “fare società” e di porre la questione di affrontare, insieme a chi partecipa, la dimensione della sostenibilità e, quindi, della responsabilità.Nella nostra “visione” della vita,spesso purtroppo, è congenita un’estensione minima di responsabilità che ci accompagna nostro malgrado in una “zona grigia” nei confronti del modello di sviluppo.La sostenibilità di cui parliamo significa “ farsi coinvolgere da una felicità o da una disgrazia rappresentata solamente per le generazioni future” o meglio ancora da una felicità o da una disgrazia rappresentate solamente per un'umanità a noi lontana. Porsi in questa dimensione di responsabilità vuol dire porre in questione il modello di sviluppo,ed in situazioni di ricchezza economica e di comodita’ acquisite questo percorso trova forte atrito.
Per permanenza va intesa l'esigenza che i processi di partecipazione “producano” democrazia.
In incontri sul tema della partecipazione,di cui ho letto, le esperienze
proposte ricadono quasi sempre in due classi: spesso vi sono comitati, movimenti che chiedono ascolto e partecipazione ad istituzioni che non rispondono, oppure vi sono istituzioni che propongono occasioni di partecipazione dall’alto... credo che la ricerca dell'incontro tra queste due spinte sia il nodo decisivo.
La partecipazione deve perseguire la continuità e la permanenza, diventando un elemento costituente della società e della politica, facendo in modo che la società continui a richiedere partecipazione e sia in grado di produrre una propria rappresentanza che mantenga questa priorità anche nella vita delle istituzioni riuscendo ad innescare il circolo virtuoso dell'azione colleggiale.

Organizzazione dei processi partecipativi
Specifichiamo la seguente definizione del contesto e della strategia in merito alla democrazia partecipativa.
• La promozione delle forme di democrazia partecipativa costituisce una priorità fondamentale per ricostruire un rapporto tra istituzioni e società, per ricostituire uno spazio pubblico di decisione sui destini del nostro territorio, costruendo così una nuova cittadinanza.
•  La “partecipazione” deve essere intesa come processo di arricchimento e di crescita reciproca, che deve quindi ricercare costantemente nuove vie di inclusione e di allargamento, dando voce a tutti gli abitanti, evitando con attenzione il rischio di volersi delineare come forma malintesa di rappresentanza. In questo contesto si potrebbe definire un modello di sviluppo del processi di democrazia partecipativa che veda il superamento del modello delle commissioni consultive proiettandoci verso un modello più aperto, ispirato ad meccanismo simile a quello dei forum.

Criteri di riferimento
Ad integrazione della “definizione del contesto e della strategia” sopra riportata, si individuano i seguenti criteri, come linee guida nello sviluppo e nell'attuazione della proposta di modello:
• La partecipazione rappresenta un modello di coinvolgimento, codecisione nelle scelte che il legislatore toglie alla partecipazione stessa,obbligo di esecuzione da parte dell’istituzione pubblica delle scelte partecipative ammesse , crescita della cittadinanza consapevole ed arricchimento. Non deve essere confusa con meccanismi di consultazione, informazione, mediazione di rappresentanza, risonanza di decisioni già assunte.
• Il ruolo della partecipazione deve essere progressivamente esteso e deve riguardare tendenzialmente ogni settore di attività, evitando il rischio di limitarsi a singole aree di
intervento.
• I meccanismi di partecipazione devono essere improntati al perseguimento dell'obiettivo della permanenza e della crescita qualitativa e quantitativa del livello di partecipazione.
• Gli elementi fondamentali da perseguire sono quelli della continuità della partecipazione, dell'organizzazione dei processi, del riconoscimento degli obiettivi e delle azioni,
dell'uguaglianza degli abitanti.
• Elemento determinante per il successo della partecipazione è la capacità di ottenere ed essere in grado di verificare l'efficienza e  l'efficacia dei processi.
 • L'organizzazione dei processi partecipativi non può che essere in certa misura sperimentale e quindi prevedere la possibilità di una revisione ed aggiornamento dell'organizzazione sulla base
dell'esperienza nei processi stessi.


Modello di organizzazione
Si individua un modello articolato in luoghi, momenti e soggetti della partecipazione come segue:
1. Il Cantiere permanente della partecipazione
Il Cantiere permanente è, appunto, il luogo deputato alla permanenza, continuità, organizzazione e visibilità dei processi di partecipazione: si articola in:
• la bacheca della partecipazione: luogo fisico (bacheca/bacheche sul territorio nonche' informazione gestita tramite invii postali) e virtuale (sito web collegato al progetto in  spazio permanente sull'informatore comunale) dove siano costantemente visibili lo stato, i risultati e la programmazione dei processi di partecipazione in corso o completati, nonché il quadro generale di riferimento.
• l'ufficio partecipazione responsabile dell'organizzazione(comprensivo di sportello/i della partecipazione sito/i in sede/i comunale/i), gestione e comunicazione dei processi e dei loro risultati.
• il forum permanente della partecipazione, anch'esso fisico e virtuale: fisico, basato su momenti di lavoro “aperti” dell'ufficio partecipazione (assemblee di quartiere,tavoli di partecipazione,contributo delle associazioni,PGT Partecipato,box delle idee ecc.), con cadenza nota e fitta, cui sono invitati a prendere parte tutti coloro che vogliano proporre, informarsi, verificare o contribuire ai processi di partecipazione; virtuale, basato sulla piattaforma costituenda tramite il progetto webgià citato.
 2. Il Forum civico
Evento di partecipazione con frequenza relativamente bassa (di norma due volte l'anno) e durata definita (indicativamente una – massimo due settimane), con un'elevata visibilità pubblica, articolato in una serie di momenti di partecipazione sui temi generali della vita, della società e del territorio.
3. La Consulta delle associazioni
Luogo di incontro delle associazioni: essa viene attivata dall'amministrazione comunale, ma è largamente autonoma nella propria attività. Si riunisce in sessione plenaria e coinvolge i soggetti.
4 Finanziamento da parte del Ministero dell'innovazione scientifica,dell’Unione Europea o da parte di “borse di studio” elargite da fondazioni o concorsi sul tema partecipativo.
Altri compiti o obiettivi di interrogazione ed interazione con l'amministrazione sono auspicati, ma lasciati alla piena autodeterminazione di ciascuno,associazione o privato,consulta tematica, secondo le esigenze, le volontà e le potenzialità dei partecipanti.
L'amministrazione si estromette dal determinare i lavori, salvo che per la attivazione, ma è a disposizione di chiunque “partecipi”.

 I Progetti del fare comune
Progetti partecipati – o meglio di collaborazione -con obiettivi specifici, definiti nel tempo e nel risultato, attivati dall'amministrazione o dagli esiti del forum civico o della consulta, nei quali diversi soggetti (abitanti, associazioni, soggetti economici, amministrazione) mettano in campo energie per il conseguimento del risultato. I progetti devono avere la caratteristica di amministrare direttamente risorse assegnate e di poter agire direttamente nel perseguimento di risultati visibili e misurabili, nei tempi e nell'entità.
 I Progetti di visione condivisa
Progetti di partecipazione per la definizione di visioni e piani d'azione condivisi,  a titolo meramente esemplificativo alcuni progetti attivabili: progetti ad “uso e gestione” per i giovani, progetti attivati da un PGT partecipato, progetti di qualità del vivere civile con associazioni, forme sperimentali di accesso da parte del cittadino alle attivita’ istituzionali (es.:consiglio comunale aperto).


Al termine di questo mio ragionamento,che spero possa trovare estimatori,io vedo la necessita' di un fine prioritario che vada al di la' della qualita',del margine di miglioramento, del coinvolgimento,della continuita' e della quantita' di un progetto partecipativo;questo fine deve essere la maturazione del cittadino,portandolo a capire l'importanza (per lui,non per l'istituzione) di tale progetto cercando di coinvongerlo con tutti i mezzi a disposizione ma rendendolo anche consapevole che se non "partecipa" non e' cittadino degno di nota.

…(qui trasmisi un mio progetto comunale che qui ometto per non tediarvi troppo)…


E' ovvio,per chi crede nella Democrazia Diretta,che non ci si possa fermare a questo. Sara' compito di INIZIATIVA POPOLARE e dei suoi iscritti formulare e proporre nuove forme di compartecipazione popolare alle scelte nazionali,regionali,provinciali e comunali,nel mio piccolo sto cercando di formulare una linea retta che colleghi le scelte nazionali semidirettamente alle Assemblee Popolari Comunali o di Quartiere




IV  VALORE AGGIUNTO DI INIZIATIVA POPOLARE:
Il Federalismo,quale risultato naturale delle Autonomie Locali

Dicono tu sia un cittadino, FALSO : per loro sei un contribuente da spolpare.
Il tuo voto vale solo nello spoglio delle elezioni, ti promettono da decenni sempre le stesse favole, fumose ed imprecise, ogni quattro anni, perche' non le realizzano mai.
Il rappresentante che ti fanno eleggere arriva sempre da chissa' dove, i candidati sono scelti per motivi misteriosi nelle segreterie dei partiti.
Sempre più spesso sono i figli di quello che votava tuo padre, voi lavorate tutta la vita, loro vivono di rendita senza preoccupazioni.
I soldi pubblici corrono, ma tu non vedi mai niente : per quello che ti serve non ce ne sono mai.
Se hai bisogno di qualcosa hai da chiedere la carita' ai tuoi cosiddetti rappresentanti, che dicono di essere al tuo servizio.
Se siete disoccupati vi dovete arrangiare, loro hanno stipendi pubblici sicuri, per sempre e senza rischi,per voi al massimo vi fanno un paio di tavole rotonde, grandi sparate sui giornali, cortei pieni di striscioni e dopo non succede niente,...tutta una sceneggiata inutile per tenervi tranquilli.
Anche se hai un lavoro vieni estromesso dalla vita istituzionale della tua città, nessuno ti chiede di partecipare alle scelte, di dire la tua sui programmi,se vuoi collaborare nelle decisioni di un partito ti fanno passare la voglia. Se insisti a voler fare qualcosa devi farlo attraverso una organizzazione di volontariato, magari pagando di tasca tua.
Tu non contima le enormi risorse finanziarie dello stato vengono spese, le decisioni vengono prese, delle cose vengono fatte, in un modo che non capisci ma che senti spesso essere ingiusto e sbagliato.
Tutto ti fa pensare di essere solo un suddito, invece che un membro del popolo,quello che ha il potere di dirigere lo Stato.
Milioni di Italiani si sentono come te, anche se non hanno inquadrato con chiarezza il problema, anzi se non gli hanno permesso di farlo.
Perchè non conviene agli altri Italiani
Chi sono gli altri Italiani / Il top
In alto sta una classe di politici di professione che passa la vita tra vergognosi privilegi nelle aule del Parlamento e del Senato : hanno occupato mantenendone fasti e splendori gli spazi una volta riservati al Re ed alla nobilta', e stanno trasformandosi in dinastie ereditarie: i La Malfa, Craxi, Fassino, D' Alema vengono, per esempio, da famiglie dove da decenni si vive di denaro pubblico : hanno la capacità di governare nel DNA?
Chi sono gli altri Italiani / La base
Sono i milioni di persone ai quali viene garantito un impiego pubblico spesso ben pagato ma sempre sicuro e tranquillo per dare ai signori del top il controllo della economia nazionale, della spesa pubblica e dei voti che permettono la rielezione degli stessi gentiluomni per l'eternità. Sono l'esercito sterminato della Amministrazione Pubblica, dai Ministeri fino alle Amministrazioni Regionali, Provinciali e Comunali. Sono Amministratori e dipendenti delle enormi Aziende statali e parastatali come Alitalia, Ferrovie, ANAS e l'elenco interminabile che se ne può fare.
Sono Amministratori e dipendenti di ASL, Aziende di nettezza urbana e via dicendo.Tutti costoro lavorano con la brillante efficienza che tutti sappiamo e sono mantenuti dai cittadini che pagano le tasse, i quali se non vanno a baciare le mani del politico locale non hanno nessuna speranza di vedere il proprio figlio trovare lavoro in queste isole di privilegio.
Gli altri Italiani si oppongono al Federalismo, certo che si oppongono, mica sono scemi,ci hanno messo decine di anni a creare il paradiso, dove gli ingenui lavorano e loro fanno la vita comoda e adesso...se lo fanno demolire ? Non se ne parla nemmeno...fai un favore a te stesso ed all' Italia, diventa Federalista 
(Dal sito del movimento politico pavese DEMOCRAZIA FEDERALE)
     
A partire dagli anni ottanta, il federalismo ha tenuto banco nelle discussioni culturali: talvolta le ha persino monopolizzate. Il federalismo, patto tra popoli coniungante decisione e libertà, è un modello autentico di democrazia decentrata, poiché riconosce a pieno titolo le autonomie locali, ma anche di democrazia diretta poichè non può prescindere dalla partecipazione dei cittadini,veri detentori della sovranità. L'odierno Stato-nazione è divenuto troppo grande per affrontare i piccoli problemi e, al tempo stesso, troppo piccolo per affrontarne di grandi. Per intenderci: non spetta al Governo centrale decidere i programmi scolastici di cultura locale di Varese, Bologna o Catania e nemmeno allo Stato italiano decidere, da solo, se intervenire "preventivamente" in una guerra lontana. Tanto premesso, i popoli che rivendicano un riconoscimento giuridico e politico, sono ad un bivio,quello che ci indirizza al Federalismo.
In passato il federalismo fu visto come un metodo per unificare popoli diversi sotto un unico stato. Basti pensare ai modelli federali di Stati Uniti e Confederazione Elvetica, dove popoli diversi per lingua, religione e cultura fanno  parte di un unico stato. A lungo andare la tendenza alla centralizzazione e alla burocratizzazione dello stato-nazione, determina però una situazione dove la democrazia partecipativa è impossibile e la democrazia rappresentativa degenera rapidamente in una specie di oligarchia, dove le decisioni vere non vengono più prese dal popolo, ma da interessi particolari predominanti (lobby) che manipolano il risultato delle votazioni a loro piacere. I cittadini vengono de-responsabilizzati - perché esautorati dal loro ruolo decisionale - perdono interesse per la partecipazione politica e cresce l'astensionismo.
Risolviamo questi problemi e superiamo il concetto di federalismo tradizionale,orientato verso l'unità e il disconoscimento delle pluralità,tramite un neo-federalismo teso alla salvaguardia e alla rivalutazione delle pluralità a partire dalla dissoluzione dello stato-nazione ed alla sua riformulazione tramite gli importanti concetti di sussidiarietà e diritto di Autonomia Decisionale su basi il piu' possibilmente Locali.
Cosa vuol dire sussidiarietà? Significa che la centralizzazione dei compiti dovrebbe aver luogo solo quando e dove essi non possano essere gestiti con la stessa efficienza ad un livello più basso.
Sussidiarietà vuol anche dire che il voto popolare è superiore a qualsiasi legge dello stato, ovvero è il primato della società civile sullo stato.
Sussidiarietà è anche una rivoluzione morale che coniuga la solidarietà,ma che non vuol dire né collettivismo né assistenzialismo all'italiana, ma il rispetto e il ripristino della responsabilità dei singoli e delle comunità nelle funzioni sociali; con il consenso della gente si può fare di tutto: cambiare il governo, sostituire la bandiera, unirsi a un altro paese, formarne uno nuovo”.
                 
L’EUROPA DELLE CITTÀ
Declineranno, una dopo l’altra, tutte le grandi strutture istituzionali che hanno caratterizzato, nel corso dei secoli, il nostro paesaggio politico. Ad esempio il Parlamento su base nazionale, non solo strutturalmente incapace di produrre decisioni, ma ormai continuamente scavalcato, sulle questioni politicamente ed economicamente più importanti da organismi che agiscono al di fuori della struttura parlamentare. Con parlamenti e le loro mischie interne verrà meno la classe dei parlamentari, queste figure ottocentesche, un po’ noiose e arroganti, che abbiamo sempre immaginato, obbedendo a una certa oleografia, come i protagonisti assoluti e necessari di ogni politica. I grandi partiti di massa, dal canto loro, sono già un ricordo, sostituiti oramai da aggregazioni di interessi nelle quali non conta più l’ideologia, ma il carisma dei capi e l’uso scientifico della propaganda. Cambiando i partiti, cambia anche il meccanismo della rappresentanza. Così come è destinato mutare il significato sin qui attribuito alla Costituzione. La politica ha oggi assunto una dimensione pienamente mondana e secolare: come può dunque concepirsi un atto politico, come appunto la Costituzione, avvolto da un’aura quasi sacrale e religiosa, giudicato intoccabile, un sistema chiuso di norme che una volta posto è destinato a vincolare la vita di tutte le generazioni a venire? In realtà, ogni generazione dovrebbe poter scrivere la propria Costituzione, fissare autonomamente le regole della convivenza politica secondo le proprie esigenze e necessità. Io sostengo il Federalismo come soluzione e via d’uscita al declino irreversibile dello Stato nazionale. Ma se debbo dire qual è il mio vero modello politico di riferimento, il novum che mi piacerebbe vedere realizzato, si tratta di un modello che definisco “anseatico”, che ricalca quello delle città commerciali libere che l’Europa ha conosciuto prima che ovunque nel continente si imponesse la struttura statuale moderna, con i suoi eserciti e la sua burocrazia. Infatti la più genuina tradizione federalista è stata quella dei secoli XII-XVII, delle città mercantili libere, sopraffatte dall’avvento violento dello Stato moderno. Anche Otto von Gierke non è però andato al fondo della struttura contrattuale anseatica delle città commerciali libere.
In questa fase nelle città non c’erano persone di grande rilievo politico, né parlamenti, ma solo una gestione degli affari quotidiani negoziata continuamente e un Governo frammentato. In Europa oggi esistono grandi aree metropolitane coese Randstad Holland( a struttura polinucleare, con sei milioni di abitanti fra Amsterdam, Rotterdam, L’Aja e Utrecht), grandi centri urbani – Milano, Lione, Parigi, Monaco, Londra, Francoforte che sono a tutti gli effetti vere e proprie megalopoli, aree di riferimento dal punto di vista degli scambi economici, dello sviluppo demografico, dell’innovazione tecnologica e dei rapporti politici.
Vere e proprie comunità politiche sempre più quasi-indipendenti de facto, talvolta in stretta relazione (e magari in competizione) le une con le altre e sempre meno in sintonia con i rispettivi Stati nazionali, che vivono anzi come una limitazione.
L’Europa ha già conosciuto qualcosa di simile, all’epoca del Sacro Romano Impero, che era una struttura “internazionale” pluralistica che non produceva sovranità, nella quale le città godevano di una grande indipendenza, pur potendo disporre di un’autorità superiore alla quale rivolgersi per risolvere le proprie controversie. Mi è molto piaciuto, debbo dire, il richiamo del ministro tedesco Fischer alla struttura del Sacro Romano Impero come modello per l’Europa del futuro: un richiamo che non a caso non è stato invece gradito dai custodi del modello dello Stato giacobino e livellatore, Chirac in testa. La realtà è che la storia dello Stato moderno ha diffuso un’idea limitata e parziale delle innumerevoli possibilità di organizzazione della convivenza internazionale. Costituzionalisti, studiosi di Diritto pubblico e giuristi internazionalisti però non se ne rendono conto, se non confusamente, a causa della concezione ossessiva della sovranità nella quale sono cresciuti. Fra cinquant’anni una nuova combinazione di elementi politici e privatistici darà luogo a strutture di tipo neofederale quasi ovunque. 
(Gianfranco Miglio)


La nostra formula sarà semplice: tutto il potere alle Comunità Locali. La semplicità della formula è solo apparente, ci e' ben chiara la dimensione dei problemi organizzativi, la necessità di costruire uno Stato che pur essendo più aderente e sensibile alla volontà popolare sia veramente in grado di risolvere la situazione altamente compromessa di una Nazione allo sbando. Allora la formula: tutto il potere alle Comunità Locali, non deve essere e non sarà uno slogan demagogico, né un motivo di propaganda politica, ma il solo modo in cui il nuovo Stato e la nuova Società dovranno crearsi.
Nello schema della Comunità Locali, i centri comunitari - che ne sono le cellule democratiche - la cultura organizzata, le forze del lavoro, creano, insieme, le Comunità: le Comunità daranno luogo allo Stato; la politica si svolgerà nell’interno delle istituzioni. Non vi saranno altri poteri a contestare e contendere il potere dello Stato.
 Le nostre Comunità Locali visibili e vivibili come minuscoli Stati positivamente organizzati, si potranno perciò aggregare per regioni e le regioni aggregarsi, a lor volta, con una piramide a tre gradini per formare sull’ultimo lo Stato.
Il concetto non è complicato,ma nell’ordine delle Comunità lo Stato sara' severamente organizzato con rigidi criteri, ma a uno scopo solo: affinchè la società sia libera.Così lo Stato sarà un mezzo affinchè la Società si esprima liberamente. Se l’ordine dello Stato verra' costruito sul fondamento di giusti contrappesi la società potrà esprimersi.

SPERO NON ESSERE STATO ECCEZIONALMENTE PESANTE,UN SALUTO A TUTTI

Giorgio Bargna