venerdì 31 gennaio 2014

Appartenenza

Porto sulle spalle ormai un certo numero di anni; anche se non poi così tanti sono sufficienti a ricordare un mondo molto diverso da quello odierno sotto molti aspetti.

Oggi volevo scrivere di un aspetto che ormai ha perso per strada praticamente quasi tutti i suoi pezzi: il senso di appartenenza.

Nei secoli, ma anche solo quando io ero poco più di un ragazzino, si era fieri di appartenere ad un qualcosa, qualcosa di comune, di rassicurante, di protettivo, di rappresentativo.

C’era la possibilità di appartenere ad un nucleo famigliare, nucleo inteso come “clan”, un tipo di famiglia a volte magari troppo patriarcale ma dove crescevi e poi vivevi sicuro di avere sempre un aiuto, un appoggio, vivevi sicuro di avere un cognome di cui andare fiero.

Ho avuto il tempo di sentirmi un pezzo vivente del quartiere dove sono nato ed ancora risiedo, di viverne gli usi ed i costumi, di tirare cazzotti in risse con la frazione rivale, di girare bambino tra i negozi dove eri considerato, prima che un cliente, un amico.

Ho avuto il tempo di sentirmi parte di ideologie, partitiche o religiose che potessero essere, l’onore di sentirmi legnamèe o semplicemente uno della classe III sezione a oppure un coscritto della mia leva.

Ho purtroppo visto nel mio scorrere degli anni una accelerazione violenta di quanto viene definito col termine modernizzazione; il capitalismo sfrenato ed illimitato, che ne è l’aspetto più forte ed evidente, dissolve le appartenenze, le annienta, riduce l’essere umano ad essere solo se stesso, la propria immagine, per esasperare i toni, gli esempi, dico che ci sono padri che non sanno neppure come i propri figli hanno passato, non la sera o la giornata ma,  la settimana.

Non a caso proprio la famiglia negli ultimi decenni è stata attaccata e dilaniata e proprio partendo dalla perdita del nucleo centrale ogni altra essenza viene minata, è sempre più raro ormai assistere anche agli sfottò di tifosi di calcio oppure alle discussioni di appartenenza politica davanti ad uno sport che non è più fatto da giocatori che erano bandiere ma da mercenari o davanti a partiti che sono ormai solo aggregazioni elettorali provvisorie.

Hanno smembrato ogni certezza, ogni gruppo, ogni valore facendoci credere di essere liberi; ma liberi di fare cosa? Di poter criticare i politicanti senza andare al “gabbio”? Liberi di scegliere tra mille bei vestiti, decine di belle auto o tra tanti appartamenti dove andare a rintanarsi senza neppure sapere che volto abbia il condomino dirimpettaio?

Mi dispiace, l’unica libertà che abbiamo è quella di essere produttori e consumatori, privati di vincoli morali e radici territoriali; liberi, si fa per dire, nell’espressione della parola, ma schiavi di ritmi lavorativi “bizzarri” ed alterni e del consumo perpetuo.

Davanti a questa mancanza di solide basi, di gruppi di appartenenza, di valori a cui votarsi viene difficile anche organizzare una lotta di liberazione dallo strapotere del sistema, molti gruppi “alternativi” nascono e muoiono nell’arco di una stagione, ma noi sappiamo che nella nostra indole umana, nel nostro DNA, abbiamo presente il gene dell’appartenenza ed è proprio da qui, dalla storia, dalla nostra famiglia, dalle nostre tradizioni, dai nostri valori, dalla nostra cultura che dobbiamo partire con la ricostruzione del mondo a cui apparteniamo.


Giorgio Bargna

giovedì 30 gennaio 2014

Chi si etranea....

B 52's by Love shack on Grooveshark
Mi capita raramente di ascoltare e leggere notizie di attualità, talmente sono scazzato dall’andazzo generale di questo mondo. Ieri ero in auto (viaggiando per motivi familiari) e dopo anni che non lo facevo mi sono ascoltato una parte de “La Zanzara” (e me ne sono pentito), tra le varie notizie quella relativa ad un azienda (in questo caso straniera, ma ci sono miriadi di casi nostrani) che parla di riduzioni di salario e/o licenziamenti e/o trasferimenti all’estero.
Da anni chiedo ai cittadini di impegnarsi politicamente in modo personale, ed è importante, ma credo che il cittadino “semplice” se fosse coadiuvato da qualche cittadino “qualificato” avrebbe vita più semplice, che questa nazione sarebbe più facilmente migliorabile con la spinta di tutti.
Molte aziende colpiscono economicamente i propri dipendenti oppure “chiudono” e si trasferiscono all’estero, la motivazione spesso, quasi sempre, è legata alle troppe tasse ed alla burocrazia.
Se facciamo qualche ragionamento sui casi in merito mi viene da pensare che i cittadini “qualificati” non siano propriamente da considerare cittadini, a loro, prima che a tutti, dovrebbe venire chiaro che le tasse che pagano servono a tenere in piedi una macchina che trasporta troppi passeggeri e che emana regolamenti farraginosi ed impossibili emessi essenzialmente per arricchirsi e creare sudditi.
Il fatto che questi cittadini “qualificati” se la quaglino all’estero o impoveriscano i propri dipendenti fa si che essi siano semplicemente personaggi in cerca di guadagno, fa si che non possano essere considerati cittadini, fa si che siano nemici del popolo … agendo senza lottare per una nazione migliore innanzitutto si dimostrano qualcosa che non voglio (non posso) descrivere, poi remano contro il bene comune sottraendo lavoro e futuro ai propri connazionali.
Un motivo in più cittadini “semplici” per mettersi tutti in moto assieme per cercare di annullare questo sistema.
Va detto in realtà, che soprattutto tra le piccole e medie aziende, negli ultimi tempi qualcosa si muove, segno che qualcuno, oltre che alle proprie tasche, pensa anche ad una nazione migliorabile tramite azioni interne, c’è da augurarsi che questa sinergia si sviluppi alacremente nel grazie all’impegno si dei cittadini, ma anche delle aziende in toto, questa nazione ha le capacità di produrre e sostenersi alla grande, occorre solo crederci e farlo, alla lunga ci guadagnano i portafogli di entrambe le categorie.

Giorgio Bargna

mercoledì 29 gennaio 2014

Percorso federale dal basso

“Ogni popolo può avere molti interessi da trattare in comune con altri popoli; ma vi sono interessi che può trattare egli solo, perché egli solo li sente, perché egli solo li intende. E v’è inoltre in ogni popolo anche la coscienza del suo essere, anche la superbia del suo nome, anche la gelosia dell’avita sua terra. Di là il diritto federale, ossia il diritto dei popoli; il quale debbe avere il suo luogo, accanto al diritto della nazione, accanto al diritto dell’umanità”.

Da questo estratto di Carlo Cattaneo  possiamo trarre il “sale della vita”.
Invitavo nel mio ultimo intervento (ma lo faccio spesso) i cittadini a rendersi parte attiva politicamente, ad entrare, in modo alternativo per non farsi risucchiare, all’interno del sistema, tramite movimenti alternativi, per scardinarlo.
Invito a farlo tramite liste civiche o liberi movimenti locali per il semplice motivo che dai territori ancora si riesce ad entrare in politica ed in amministrazione, a livelli più alti le strade sono bloccate; le barricate poste sono ben salde ed invitano al cambio di percorso.

Occorre però impegno, abnegazione, nella mia Cantù, la mia lista civica ce l’ha fatta al terzo tentativo, anni di fatica … ad oggi questo tempo non lo abbiamo più a disposizione, al più presto bisogna “abitare” nelle amministrazioni locali in modo diffuso ed attuare una strategia volta al cambiamento.

Sicuramente il nostro percorso deve trovare spunto dalla Democrazia Diretta e Partecipata e dall’Autogoverno consequenziale. In questo ragionamento troverei la nascita di un concetto che giustifica il luogo, quale simbolo di riconoscimento, appartenenza e giurisdizione.

E innegabile che la Democrazia Partecipativa, grazie alla propria sistematica inclusività multidecisionale, tenda a far crescere, ad alimentare nel proprio senso, la Comunità Locale donandole, oltretutto, la possibilità di riconoscersi nei valori locali e nella propria identità locale, sicuramente fattori maturativi verso la strada che porta all' Autonomo Governo.

La forma di Autogoverno progressivamente sottrarrà, a chi applica delle formule globalizzatrici, il dominio plagiante e annientatore che tende alla distruzione dei popoli, nonché quella moneta impunemente sottratta e sprecata nella manutenzione di una macchina descrivibile (ad esser buoni) quale farraginosa.

Volendo provare a tessere una ragnatela a più ampia scala possiamo affermare che una democrazia basata su Autonome Comunità Locali e su Aree Territoriali Omogenee, grazie anche all'utilizzo di approcci a carattere solidale, sociale ed ambientalista (nonché prettamente economico) possa sviluppare un'intersecazione federale partorita dal basso, la quale fungerà sostanzialmente  da azione antibatterica contro il virus oligarchico e globalizzatore che ha colpito la nostra società negli ultimi decenni.

Nella concretizzazione di questo percorso la Democrazia Diretta e Partecipativa parte quale strumento attivo in una azione di rivalutazione civica , trasformandosi  poi,  in un  secondo momento, in uno strumento di liberazione da quell'oppressione sovra descritta e ci indirizza verso l'autodeterminazione civica, economica e sociale.

Il germogliare del Sistema Partecipativo è destinato a sviluppare un radicale cambiamento
nella Formula Politica: non si delega più ma si contribuisce, si decide e ci si (di conseguenza) responsabilizza. Da qui la storicità civica della Democrazia Diretta e Partecipativa.
Passare dalla Partecipazione al Federalismo, a mio avviso, sarà complementare ed automatico, se i due principi vengono applicati alla lettera. In Italia, come nel mondo, è notevolmente accresciuta la fase attiva del cittadino grazie alle forme partecipative che in alcuni casi hanno configurato percorsi che, partendo dalle Circoscrizioni (oggi abolite), sono giunti sino alle Regioni, questo a conferma che il Federalismo si può costituire dal basso e che una Federazione di Reti Municipali è attuabile.

Volendo trovare termini di paragone storici un progetto di Federalismo Municipale può ispirarsi ad esempio:
a) all'autonomia delle Colonie greche dalla Città madre (polis e motropolis)
b) alle Federazioni di cultura Etrusca
c) ai Comuni medioevali configuratisi in Leghe e Federazioni

Casi che spesso sono stati forme di conflitto fra Sovranità Municipali Federate e Stati centralisti. Anche oggi, partendo dalla crisi dello Stato-Nazione, il Federalismo Municipale deve basarsi su un concetto di Sovranità del Municipio così che esso sia l' ”espressione della Sovranità Popolare”. Appoggiandosi sui modelli partecipativi il Federalismo Municipale  deve abbattere quel ruolo di sola amministrazione dei servizi in cui la municipalità moderna attualmente ristagna.

E' tesi di molti federalisti contemporanei che la forma Federale debba partire dalle pratiche di Autonomia Locale, essere lanciata dalle forme di Partecipazione Popolare (basandosi su tutte le componenti sociali che sono forme dirette del processo) e applicare integralmente il Principio di Sussidiarietà.

Riuscire ad esprimere, concretizzare, la base decisionale di una cittadinanza attiva, nella Comunità Locale, potrebbe, può, DEVE attivare a livelli più ampi percorsi partecipativi.
Se i Comuni e le amministrazioni di livello più alto, al contrario, rimangono ostaggio dell' oligarchia partitica le reti più ampie risulteranno, come è a tutt’oggi, mere gerarchie oligarchico-burocratiche alla mercede di società immobiliari e di gruppi finanziari o commerciali.

Osservando il tutto sotto questa ottica godiamo di una vista diversa della Città Metropolitana e delle Province o Regioni (altrimenti identificabili come Aree Omogenee Territoriali; questa Rete Federata può, sotto un controllo comunitario, gestirsi il controllo locale di acque ed energie, predisponendo piccole e (perché no) grandi reti di produzione e consumo. Queste Reti Federate rappresentano, senza ogni sorta di dubbio, il Federalismo dal Basso e disegnano la giusta Scala Territoriale che consente di non perdere il filo conduttore trasmesso dall'Autogoverno Locale.

Giorgio Bargna