martedì 1 aprile 2014

La sfida

E’ innegabile che, un paio di secoli fa circa, qualcuno volle fortemente la nascita della nazione italiana. Non stiamo a sindacare sulle motivazioni, ma quando una nazione non sorge spontanea, sulle sue fondamenta qualche dubbio aleggia. La storia democratica del paese nei secoli iniziali probabilmente non è discutibile ai giorni nostri con paragoni seri, erano sicuramente epoche diverse (anche se vi sono state comunque isole felici), la democrazia spesso era un ipotesi e la voluta ignoranza imposta al popolo aiutava i beceri ad imporsi.

Diverso era già invece il discorso alla metà del secolo scorso, anche se le masse ancora erano analfabete già erano, a mio vedere, più coscienti ed una certa “intelligencija”, passatemi il termine, era già formata.

Malgrado ciò nell’affrontare la scrittura costituzionale del paese si fece di tutto per eclissare scelte federalistiche e/o indirizzate verso una formula democratica di tipo diretto o partecipativo.

Il Popolo è stato privato del diritto, ne avremmo poi conosciuto sulla nostra pelle le motivazioni, di esercitare in modo diretto e assembleare la sovranità. Depredato della possibilità di decidere secondo i canoni della cosiddetta democrazia partecipativa ha la sola facoltà di eleggere dei rappresentanti che esercitano il potere sovrano.

In quella che è sta definita tale, in quella che è la liberal-democrazia l’intromissione dei rappresentanti parlamentari è determinante.

Se c’è stato un tempo in cui la classe politica era fine a se stessa nel tempo, a mano a mano che il capitalismo si imponeva, in seguito abbiamo avuto una trasformazione essenziale … l’economia, anzi il profitto ha cominciato ad indirizzare.

Ad ispirare questo mio dire è stata una lettura sulla “governance”.

Si tratta sostanzialmente del governo di un’impresa, perché ormai, visti gli sviluppi internazionali non certo casuali, le nazioni sono diventate parti integranti, ma anche succubi, di qualcosa che in sostanza sono delle SPA … qualcuno alla fine incassa molto, altri ci mettono dentro altrettanto … esistono grandi azionisti, detentori del pacchetto di controllo, che non necessariamente devono corrispondere alla maggioranza assoluta delle azioni.

Lo stato/impresa ormai si disinteressa completamente della democrazia, diretta o indiretta che sia, l’importante è rispondere agli input della BCE o dell’ FMI, i governi nascono senza avvalli  e le leggi elettorali vengono varate nell’ottica di salvaguardare l’indipendenza decisionale della classe dirigente. Lo Stato ed il Libero Mercato dovrebbero cozzare tra loro, in sostanza pare avvenire il contrario.

Se ci pensiamo la nostra Costituzione, che teoricamente dovrebbe essere ancora rappresentante, tutelerebbe la Sovranità Popolare ( “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”),  si opporrebbe a  “gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” e dovrebbe riconoscere ad ogni cittadini il diritto di lavorare e vivere decentemente.

La risoluzione sta a mio vedere nel localismo, nel Federalismo Municipale, ma occorre lavorare per questo, occorre la politica attiva sul territorio, occorre occupare democraticamente i Municipi e poi federarsi. La congiuntura economica potrebbe convincere alla fine la gente che questa è la giusta soluzione per liberarsi dallo schiavismo economico che ci ha aggiogati, ma occorre prodigarsi in merito, occorre che i mille rivoli rivoluzionari si aggreghino.


Se sia meglio poi un autogoverno o un’autodeterminazione oppure chissà che altro lo decideremo in seguito, l’importante è a mio avviso sfondare la porta tramite un fattore comune, l’autonomia economica e politica…la sfida è questa, mi auguro sino in molti a capire ed ad impegnarsi, mettendo da parte le differenze ed unendo le similitudini.

Giorgio Bargna