sabato 12 luglio 2014

Dell'onestà

Molto spesso, quando si parla di onestà, di primo acchito si pensa a politici, amministratori e commercianti, ma il concetto di onestà a mio vedere non si limita al significato economico che definisce onesto chi non ruba, non froda e non corrompe ma è molto più articolato. Onestà sicuramente ha a che fare con intenzioni, motivi e disposizioni del carattere e del comportamento di una persona.

Si potrebbe asserire che una definizione semplice e coerente di onestà sia questa: l’onestà indica la qualità umana di agire e comunicare in maniera sincera, astenendosi da azioni riprovevoli verso il prossimo fondate sull’inganno.

L’onestà viaggia di pari passo a molti aspetti della nostra vita ed influisce su questa sotto svariate forme. Tramite essa si esprimono tanto il rispetto per se stessi quanto  il rispetto per gli altri. L’essere onesti implica la necessità di dire a te stesso e agli altri la verità, anche se a volte è difficile e scomodo; essere onesti va oltre al  semplice non mentire, si tratta di un voto al senso della verità. Una persona onesta ricerca la verità con la mente aperta e cerca di comunicare chiaramente la verità, l’onestà comincia dentro di noi, è parte delle nostre relazioni personali e alla fine colora e dirige tutto quello che facciamo.

Viene certamente facile e gratuito affermarlo, ma le persone oneste sono degne di fiducia, sono coloro su cui si può fare affidamento, sono quello che dicono di essere, vogliono dire quello che dicono e mantengono la loro parola. Tramite questo parametro si influenza tutta la nostra vita, condizionando tanto le nostre relazioni con gli altri quanto l’ immagine che costruiamo per noi stessi.

Viene certamente spontaneo a molti il chiedersi perché, vivendo in un mondo in cui la disonestà sembra quasi un luogo comune e spesso è prevista come parte del “fare successo”, una persona dovrebbe essere onesta rischiando oltretutto di essere tacciata di ingenuità e stupidità e rischiando, oltremodo, di essere buggerata perpetuamente.

In realtà sono convinto che non occorra impegnare un grande sforzo per intuire che l’onestà è importante per tutti. Una società basata su inganni e menzogne non può, non potrà mai, funzionare bene. Se non possiamo credere che le persone che ci circondano ci dicano la verità, il nostro senso di comunità soffre, gli inganni e la mancanza di fiducia portano conflitti e disgregazione sociale.

E’ innegabile, comunque e di fatto, che ascoltare la verità non è sempre facile visto che ascoltare la verità significa il rischio di modificare qualcosa che preferiremmo lasciare così com’è.

Facciamo uno sforzo comune teso al miglioramento dell’ambiente che ci circonda, votiamoci collettivamente all’onestà.

Giorgio Bargna

giovedì 10 luglio 2014

Lo scotto

Abbiamo di fatto monetizzato ogni aspetto della nostra esistenza, questo processo ha però di fatto istituito una nuova tassa collettiva da pagare, oggi come nel futuro: il mancato rinnovamento della capacità del pianeta di accogliere i nostri rifiuti e di fornire materia prima per i nostri prodotti e per le nostre esigenze fisiologiche.

Stiamo perseguendo un processo veramente deleterio, il capitale naturale, ovvero l’insieme delle risorse naturali e dei servizi che svolgono per noi e per il pianeta, è un patrimonio definito, esauribile, insostituibile. Malgrado l’evidenza, facciamo finta che questo capitale sia illimitato, rigenerabile all’infinito,  un aspetto quasi insignificante.

Troppo indaffarati nella creazione di profitto, ci siamo voltati indietro senza dare il giusto peso ad un aspetto terrificante: il mancato rinnovamento della capacità del pianeta di accogliere i nostri rifiuti e di fornire materia prima per i nostri prodotti e per le nostre esigenze fisiologiche.

Stiamo parlando dei beni naturali della Terra, suolo, aria, acqua, flora e fauna e di ogni parte dell’ecoclima che rende possibile la vita sul nostro pianeta.
Ci scordiamo bellamente dell’approvvigionamento (il sistema idrologico garantisce la fornitura di acqua dolce) della regolamentazione (prevenzione dell’erosione del suolo e il mantenimento della fertilità della terra assicurati dalle foreste), di quelli che possiamo definire servizi culturali (l’innegabile piacere che deriva ad esempio da una passeggiata nel verde), della protezione delle specie animali e vegetali,  che assicurano la biodiversità. Stiamo disintegrando senza alcuna oculatezza pensando solo al guadagno effimero ed immediato quanto non siamo in grado di procurarci da soli, il tutto nell’ intento unico di appropriarci di beni che in fondo spesso, non ci sono di alcuna utilità.

Come sottolinea Herman Daly, “la crescita diventa anti-economica quando gli incrementi della produzione costano, in termini di risorse e benessere, più del valore dei beni prodotti. Una popolazione in crescita anti-economica arriva al limite di futilità, il punto in cui l’aumento dei consumi non aggiunge alcuna utilità; una crescita anti-economica produce rapidamente più mali che beni, e ci rende più poveri invece che più ricchi. Una volta superata la dimensione ottimale, la crescita diventa ottusa nel breve periodo e insostenibile nel lungo. Volendo, noi possiamo incrementare ulteriormente la produzione, ma questi incrementi costano, in termini di risorse e benessere, più del valore dei beni prodotti. L’ulteriore crescita del PIL non fa aumentare il benessere, ma lo blocca o lo riduce.”

In realtà avremmo davanti a noi una soluzione naturale pressoché inesauribile, il flusso di radiazioni solari provenienti dal Sole.

Un ipotesi da continuare a sviluppare, l'economia nuova, imponente e sostenibile che può, da sola, garantirci energia e sostenibilità.

Giorgio Bargna

lunedì 7 luglio 2014

Bene Comune

Quando parliamo di bene comune cosa intendiamo? Potremmo dare alcune diverse risposte probabilmente, a me piace affermare che si tratta di uno specifico bene che è condiviso da tutti i membri di una specifica comunità. Esprimendoci filosoficamente il bene comune rappresenta un'idea, un'entità o altro, che giova all'intera collettività.

Sostanzialmente i beni comuni altro non sono che, dice Wikipedia: "beni utilizzati da più individui, rispetto ai quali si registrano - per motivi diversi - difficoltà di esclusione e il cui "consumo" da parte di un attore riduce le possibilità di fruizione da parte degli altri; sono generalmente risorse prive di restrizioni nell'accesso e indispensabili alla sopravvivenza umana e/o oggetto di accrescimento con l'uso". Oggi viste le situazioni eco/climatiche ed economiche questo tema sta ricavandosi quello spazio di importanza che gli compete ".

Ma senza andare ad allargare troppo il discorso concentriamoci sulla definizione che io amo di più, il bene comune inteso come qualcosa di comunitario da salvaguardare e sviluppare, qualcosa su cui ogni cittadino dovrebbe spendere un’azione.

Del bene comune fanno parte senza ombra di dubbio alcuna  le risorse naturali quali le acque in genere, l’aria; il "verde" ed ogni zona naturale tutelata, come pure i beni archeologici e culturali. Ma io aggiungerei secondo la mia visione anche la tutela ed il rispetto di ogni area comune della città, dal parchetto all'arredo urbano, dal bus alla pulizia del marciapiede e chi può ne vuole ne metta.

Consideriamo nel nostro discorso che il bene comune è un “asset”, un qualcosa che appartiene all’intera comunità e che quindi scavalca come ruolo la comunità stessa, è qualcosa di ancora più importante di essa. Si parla di un bene disponibile ma che condiziona a qualche clausola, sicuramente qualcosa di non mercificabile pena il non utilizzo nel proprio senso lato.

Un bene comune è, deve essere, un legame sociale che scavalca la persona. L’individuo non potrà mai considerarsi realizzato se non in un progetto comune, un progetto che occorre rispettare ed alimentare.

In una società che deve smarcarsi assolutamente dalla globalizzazione è necessario individuare alcuni processi laddove si sviluppino sussidiarietà e solidarietà simultaneamente. Occorre sviluppare la reciprocità, essa sviluppa la fiducia e la voglia di essere “associazione”, comunità, gruppo, bene comune autosviluppato.

Concludo con una frase estrapolata dal web: “In ultima analisi La società dei beni comuni profila con efficacia il quadro teorico e paradigmatico necessario per prendere coscienza dell'intreccio, oggi più che mai evidente, fra crisi ambientale, economica e politica. La via maestra per reagire a questo stato di cose passa, in primo luogo, per una radicale conversione culturale, sicuramente individuale prima che collettiva, perché la coscienza da acquisire riguarda il modo proprio di ognuno di percepire la realtà: per raggiungere la consapevolezza del bene comune occorre una trasformazione del soggetto, una rivoluzione nei suoi apparati motivazionali, una visione del mondo autenticamente rivoluzionaria. Mentre la logica del marketing (o della propaganda) produce motivazioni allineate alla produzione di ideologia dominante riduttivista e incentrata sullo statu quo, quella del sapere critico di base produce la trasformazione qualitativa essenziale per la stessa percezione dei beni comuni”.

Giorgio Bargna