mercoledì 5 novembre 2014

Si vota la delibera

Ne abbiamo già scritto qualche settimana fa, ma ora siamo al concreto; il prossimo sabato, 8 Novembre, alle ore 15,00 è convocato il Consiglio Comunale di Cantù: all’ordine del giorno anche la già citata delibera che intende portare alla nascita di una nuova Regione Autonoma a Statuto Speciale. Il percorso è lungo e complicato, certo, le istituzioni si in traverseranno, certo, questo non significa che non bisogna provarci e che non si debbano coinvolgere più Consigli Comunali, più movimenti indipendenti dalla “politica tradizionale”.

Non si tratta di mero egoismo, tutt’altro, si tratta di sopravvivenza di fronte ad una staterello delle banane che ci vuole prosciugare fino all’ultimo centesimo senza contropartita sociale, economica e democratica, ma soprattutto si tratta di portare avanti dei valori; valori fondati sull’Autonomia, la Responsabilità, sulla Partecipazione, sul Localismo, sulla Sostenibilità.

Da troppo tempo (utilizzando le parole di Claudio Bizzozero, Sindaco di Cantù) “non mi riesce proprio di scrivere i termini "provincia, regione, stato e paese utilizzando l'iniziale maiuscola  (…) continuo invece a scrivere Comune con l'iniziale maiuscola e non nascondo che mi piacerebbe tornare a farlo anche per gli altri enti, ma lo farò solo quando vi saranno buoni motivi per farlo e per ora a me pare che non ve ne siano affatto”.

Come ricorda il Segretario Politico di “Lavori in Corso” Enzo Latorraca, rispondendo alle attese critiche piddine,  “l'autonomia (tanto declamata quanto disattesa dal nostro ordinamento) è uno dei pilastri su cui deve fondarsi un'amministrazione responsabile. Autonomia e responsabilità sono le due facce della stessa medaglia: ognuno, secondo il concetto di sussidiarietà orizzontale, deve assumersi le responsabilità delle scelte che incidono sulla comunità amministrata. Oggi l'autonomia è relegata a mera decorazione, priva di reale incidenza, dovendo, gli enti locali, subire l'etero-direzione in buona parte delle competenze loro attribuite, a cominciare dalla finanza locale, rimasta tale solo nominalmente. Le istanze recenti, di tutti i partiti nazionali, occorre dirlo, vanno nel senso opposto: la sottrazione di autonomia (e di democrazia), come è accaduto per le province e come accade per i tagli lineari imposti, senza alcun dialogo, oltre che per il patto di stabilità che, come un giogo, costringe i comuni al livello di sussistenza pur avendo bilanci in ordine e con potenzialità di investimento. Ritengo, nella mia veste di segretario di Lavori in Corso che il tema sia troppo importante per essere relegato a semplice boutade: ecco perché il percorso, assolutamente legittimo (e non eversivo), previsto dalla stessa Carta Costituzionale, deve accedere ad una discussione senza pregiudiziali, in cui tutti gli attori della politica locale sono chiamati a confrontarsi nel merito. Per quanto riguarda Lavori In Corso il dialogo è aperto, senza preclusioni nei confronti di alcuno, nel solo ed esclusivo interesse dei nostri territori che scontano decenni di aride politiche centriste”.

Io, Giorgio Bargna, dalle pagine che diffondono quanto scrivo invito quanti credono in questi ideali a partecipare a questo Consiglio Comunale ma soprattutto a diffondere la notizia ed a prodigarsi nei propri territori affinchè questa Delibera venga replicata.

Buona Democrazia e buona Autonomia a tutti!!!

martedì 4 novembre 2014

Di nuovo su "Il Lavoro"

Non dico certamente qualcosa di nuovo asserendo che la crisi economica degli ultimi anni, su cui poi magari bisognerebbe approfondire le cause, abbia accentuato le difficoltà nell’impiego di risorse umane e che soprattutto abbia peggiorato gli indicatori di qualità della condizione dei lavoratori. Si moltiplica la presenza di contratti temporanei (anche a lungo periodo) che sempre più raramente si concretizzano con la loro stabilità temporale, spesso inoltre si accede ad una mansione tramite la richiesta di un titolo di studio superiore alla necessità reale di fronte alla bassa retribuzione e all’irregolarità dei contratti.

Ne ero già persuaso prima di perdere il mio ultimo contratto a tempo indeterminato, lo sono ancora di più oggi che ne inseguo uno: difficilmente per qualità e retribuzione trovero qualcosa di pari livello; lo sanno in molti anche e forse soprattutto coloro che nella scala delle mansioni pagano la diminuzione del lavoro partendo dalla crisi dell’edilizia (settore che è stato però drogato negli ultimi anni) scendendo per gli accessori quali magari arredamento e similari.
Si sono mantenute, a mio avviso, costanti le percentuali di differenza statistica tra nord e sud mentre alla problematica del lavoro giovanile si è aggiunta la crisi occupazionale di chi è definibile over 45. Se si leggono le statistiche, qualcuno parla di non partecipazione al mondo del lavoro, a mio avviso dietro a queste cifre si nasconde il lavoro in nero, genere di lavoro che approfitta delle difficoltà degli stranieri e che diametralmente avvicina coloro che sono supportati da ammortizzatori sociali; si legge anche della crescita dei dati tra gli ultracinquantenni, mi pare chiaro che i prolungamenti resi possibili dalle ultime scelte di natura pensionistica invitino a continuare a lavorare, più che a sopravvivere con la “pensione”, ovvio che l’aumento di lavoro in questa fascia di età provochi collassi in fasce più giovani.

Da sempre poi il mondo del lavoro in Italia per le donne è insito di difficoltà volute e/o dovute sia a causa di mentalità primordiali che a causa della scarsità di servizi sociali fornite ad una donna che decide di diventare moglie e madre.

A qualcuno potrebbe apparire retorico parlare di qualità di lavoro in questa situazione, a mio avviso sempre e comunque deve, dovrebbe, valere un principio di “adeguamento del lavoro all’uomo e non viceversa” anche se il lavoro è altresì un elemento centrale per il progresso economico della collettività.

Partendo da aspetti statistici potremmo concentrarci su quattro dimensioni della qualità del lavoro.
La prima dimensione, ergonomica, fa riferimento ai bisogni dell’individuo sul posto di lavoro.
La seconda, la dimensione della complessità, corrisponde alle esigenze di creatività, sviluppo di competenze e problem-solving della persona.
La dimensione dell’autonomia riguarda invece la possibilità di avere una certa libertà decisionale.
La dimensione del controllo si riferisce al bisogno di controllare le condizioni generali del proprio lavoro.

Un ruolo centrale svolge tuttavia la cosiddetta dimensione economica, ovvero la retribuzione percepita dal lavoratore, associata alla possibilità di soddisfare i bisogni basilari ed essenziali per la sopravvivenza.

Aldilà della retribuzione che a mio avviso si rivela incostante nei risultati passando dal sottopagato al supervalutato molte volte, spesso, viene negata al lavoratore la possibilità gestionale del proprio ruolo vuoi per scelte aziendali, vuoi per l’imposizione egoistica del classico “capoufficio”.

E’ poi l’OCSE ad esprimere una durissima poi la descrizione su tipologia e qualità del lavoro in Italia:< < contratto a tempo determinato è pari al 70%, una delle più elevate tra i paesi Ocse.  E contare troppo su queste forme contrattuali “è pregiudizievole nei confronti dei singoli e dell’economia” perché può “avere un effetto negativo sia sull’equità, sia sull’efficienza”>>. 

Sempre basandosi su dati OCSE possiamo osservare altri dati allarmanti. In Italia non è solo elevata la quota di disoccupati, ma anche quella di occupati con un lavoro di scarsa qualità. Appare che il lavoro in Italia sembra essere caratterizzato da un basso livello di sicurezza, a causa dell’elevato rischio di disoccupazione e di un sistema di protezione sociale caratterizzato da un tasso di copertura relativamente ridotto e da un contributo poco generoso agli aventi diritto.
Concordo, per esperienze personali, ad altre osservazioni OCSE secondo le quali in Italia anche la qualità dell’ambiente di lavoro è modesta de un alto numero di persone ritiene di lavorare in condizioni difficili e stressanti, caratterizzate da un elevato livello di pressione e dalla necessità di svolgere mansioni complesse con risorse limitate. 

Troppo spesso i temi legati alla salute ed alla sicurezza di lavoratori finiscono con l'essere marginali nonostante morti, infortuni, malattie professionali ed ambientali, forniscono ogni anno statistiche impietose. La visibilità dei lavoratori e delle loro problematiche sono, spesso, legate a vicende tragiche. Parimenti si continua ad ignorare la relazione tra l'ambiente interno alla fabbrica, le sue problematiche e quanto accade fuori i perimetri di alcuni indotti, andrebbe rivendicato oggi più che mai il diritto alla salute e sicurezza nel segno di quelli sanciti dalla Costituzione italiana, unitamente alla loro dignità di lavoratori e cittadini. E'facile constatare ed affermare che salvaguardando l'ambiente di lavoro, là dove si crea l'inquinamento, si tutela la salute dei lavoratori e di conseguenza quella degli abitanti residenti nei pressi della fabbrica. La questione ambientale e quella occupazionale diventano facce della stessa medaglia e non fattori in competizione tra loro, né tantomeno oggetti di scambio, sono semplicemente due diritti da rispettare.

Oggi il lavoro è sempre più in direzione del contenimento dei costi e dei tempi di produzione legati alla consegna del manufatto prevista dal mercato, costi quel che costi, spesse volte anche nel non rispetto dei parametri ambientali. Sappiamo che ad esso si sacrificano investimenti sulla sicurezza considerati come costi aggiuntivi, se non proprio perdite di tempo, in alcuni casi da conciliare, in altri da evitare. Investire nella sicurezza e sull'ambiente di lavoro non può essere considerato un peso economico, né una mera enunciazione.

Mi chiederete dopo tante critiche una scelta alternativa; sarò breve in questo, non conosco scelte alternative e quindi vi rimando  a questo articolo, ed a questo secondo, tutte le vie passano da li.
Giorgio Bargna