sabato 6 dicembre 2014

Lario, Brianza e Valtellina, l'esempio da seguire

Quando gli uomini sono scontenti di se stessi e di ciò che li circonda, secondo un principio di scuola anarchica, si accende una rivolta, una ribellione; può manifestarsi sotto diverse forme, pacifiche o cruente, non è una levata di scudi, ma un sollevamento di individui, una ribellione che, generalmente, non si preoccupa assolutamente delle istituzioni che potrà produrre, una lotta contro ciò che esiste. Una volta riuscita, ciò che esiste crolla da solo.

Pur nutrendomi di molti principi anarchici non sono attratto solo da questi ideali, la mia filosofia ribelle al sistema si nutre parecchio anche di principi legati all’autonomia, alla responsabilità ed alla partecipazione, nonché al localismo ed alla sostenibilità, ambientale ed economica.
Quindi mi preoccupo anche dell’istituzione che i miei moti potrebbero produrre, mi preoccupo di come scardinare il sistema.

Da qualche anno, con Claudio Bizzozero ed altri amici, coltivo il sogno dell’autonomia decisionale ed economica del Territorio che vivo, di un federalismo a base municipale, della compartecipazione del Cittadino alle scelte politico/amministrative.
Si trattava di trovare una leva, un grimaldello in grado di scardinare il sistema costituitosi un questo Paese: riteniamo che il passaggio ad Autonomie Regionali strutturate sull’esempio della Regione Autonoma Altoatesina  sia la chiave giusta.

In queste settimane è partita la procedura che intende costituire la nuova Regione a Statuto Speciale che potremmo definire (prendendo spunto dai nomi dei territori che la compongono) Lario, Brianza e Valtellina; tradotto nel geograficamente scolastico: Lecco, Como, Sondrio.

Io auspico che nel proprio diritto ogni Territorio di questo Paese si voti ad azioni simili.

La procedura è certamente lunga e difficile ma pare non spaventare molto i Consigli Comunali di questa costituenda Regione; in poche settimane hanno discusso e votato la delibera i Comuni di Cantù, Lanzo Intelvi, San Fedele Intelvi, Luisago, Laglio, Crandola Valsassina e Cedrasco.

I passaggi che seguono le discussioni e l’approvazione da parte dei Consigli Comunali che insieme rappresentino almeno 1/3 della popolazione interessata sono:

- Referendum Popolare di approvazione da parte della Popolazione delle tre provincie
- Parere della Regione
- Legge Costituzionale conforme alla volontà espressa dai Consigli Comunali e dalla Popolazione

Il mio invito, caldo e sincero, è rivolto innanzitutto ai Consigli Comunali di Lario, Brianza e Valtellina affinché deliberino a favore della costituzione della nuova Regione, poi anche ad ogni amministratore locale di questo Paese; se dilagano iniziative di questa natura Popolazione ed Istituzioni non potranno che convincersi della bontà di questa iniziativa, di questa voglia di ripulire il Paese da un Sistema che ormai non può più autoalimentarsi e che è destinato a fallire.

W la libertà, Giorgio Bargna

mercoledì 3 dicembre 2014

Processo partecipativo e comunicazione (2)

Proseguiamo in quel viaggio che tocca quei due temi che mi stanno parecchio a cuore: la Partecipazione, la Comunicazione.

I confini della manovra
Quando un amministrazione si propone verso un processo partecipato occorre che essa preliminarmente definisca dei margini di manovra, quanto ciò che è possibile progettare e quanto che non potrà essere discusso. Si pone, in sostanza, con questo passaggio, la definizione del confine tra i vincoli che limitano il processo partecipato e la libertà inscritta nell’idea stessa di processo partecipato

I vincoli possono essere di carattere etico, economico, riguardanti gli obiettivi del progetto, le sue possibili funzioni sociali, gli aspetti di carattere politico, le possibili opportunità riguardanti i privati, il ruolo degli attori coinvolti.
Accade storicamente che si metta in gioco anche quel rapporto tra la memoria del luogo e la sua possibile ridefinizione, questo soprattutto quando (ed accade spesso) si va a deliberare una scelta riguardante un quartiere, un edificio, un parco o un intervento urbanistico; si può però mantenere una memoria così come lasciare aperte le possibilità e lo spazio per una re-invenzione del luogo fuori da un possibile rapporto con la sua storia pregressa.

In queste ore è a Cantù attualità la riqualificazione dell’Area dell’ex Tribunale, attraverso questo progetto constatiamo che le nuove tecnologie non solo consentono di bypassare il classico si/no, allargando il numero delle variabili sia pure all’interno di uno schema, ma favorisco un processo attraverso il quale la soluzione è concretizzata attraverso il processo di consultazione che cambia sostanzialmente natura poichè approda a un risultato non prefigurabile in precedenza.

Pur rimanendo nei margini di manovra che legislazione, buonsenso e  situazione economica consentano la libertà ha la necessità di essere effettiva: non paga, anzi diviene  controproducente la realizzazione di un processo partecipativo se la decisione è già stata presa: è basilare che venga riconosciuto un margine di libertà durante tutto il progetto deliberativo. A questo fine la prima analisi dei confini e del contesto deve servire anche a capire se veramente esista lo spazio per una decisione condivisa.

Durante lo sviluppo del processo deliberativo non tutti i punti di vista necessitano di essere accolti ma tutti i punti di vista possono essere avanzati, negoziati e  motivatamente respinti.


Chi sono gli interlocutori interni del processo partecipato

Facendola breve potremmo conclamare che nell’applicazione di un processo partecipato vi sono tre tipologie di attori, che possono però essere slegati tra loro, ma anche uno e trino: lo sponsor politico, il gruppo di lavoro, il comitato promotore.

L’avvio del processo, ideologicamente nasce da una scelta politica che può nascere da un esigenza amministrativa o da una scelta politica che può arrivare anche dalle forze politiche che appoggiano l’Amministrazione, nello sviluppo viene adottato dal Sindaco o dall’Assessore alla Partita, la gestione del processo partecipato è invece in capo a un gruppo di lavoro, che però si confronta con chi precedentemente citato e anche col Segretario Comunale, non plus ultra dei Regolamenti e delle Legislazioni.

Il gruppo di lavoro è quello che, fin dal suo inizio, segue il processo partecipato e la relativa comunicazione, lavorando anche alla definizione, di volta in volta, delle azioni precise da realizzare nelle diverse fasi. E' importante che oltre  alla fase dedicata allo sviluppo della partecipazione fine a se stessa sia ben sviluppata anche una fase comunicativa.

Capita spesso, erroneamente, che la comunicazione venga coinvolta solamente quando si produce materiale mentre sarebbe utile il suo coinvolgimento fin dall’inizio del processo per definire una strategia comune. Il lavoro in parallelo della partecipazione e della comunicazione, potrebbe anche facilitare una maggiore sensibilizzazione verso l’interno dell’ente. Il gruppo deve necessariamente aver studiato i temi dei processi partecipati, conoscere le metodologi ed i risultati raggiunti da altre esperienze. Gli esempi positivi, infatti, fanno capire il potenziale di certi strumenti e possono motivare le persone a provare esperienze analoghe nella propria realtà.


Chi sono gli interlocutori esterni del processo partecipato

I soggetti a cui ci si rivolge, soprattutto quando si mira ad un progetto ben delimitato ad un area o ad un tema specifici, nell’ambito dei processi partecipati devono preesistere ed è opportuno (fattibilmente) che essi vengano coinvolti nel processo partecipato: non è possibile inventarsi di sana pianta interlocutori interessati al tema oggetto del processo partecipato, di conseguenza occorre concentrarsi in modo da  non dimenticare, escludere, nessuno dei possibili interessati. Un processo partecipato come può essere  sottoposto a tutta la cittadinanza può anche svilupparsi come un’azione mirata, rivolta a particolari categorie di interlocutori, gli stakeholders.

Nello sviluppo di un progetto partecipato occorre anche non dimenticarsi di alcune fasce emarginate come magari gli abitanti di quartieri “poveri” o le generazioni future, interessi che sono faticosamente organizzabili e che spesso non hanno la possibilità di far sentire la propria voce e che andrebbero considerate in qualsiasi progetto che abbia implicazioni di carattere ambientale, la stragrande maggioranza dei casi.

Oltre a quanto possono produrre nel concreto, i processi inclusivi sono in grado di generare un secondo, importante, effetto: stimolare la nascita di nuove relazioni tra i partecipanti o rafforzare quelle esistenti. Più queste relazioni si solidificano più è probabile che nascano in futuro iniziative cooperative per risolvere i problemi comuni.

(continua)